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Immaginiamo per un attimo una persona che non abbia mai visto uno spettacolo teatrale di Emma Dante e che, estranea a quella corrente di simpatia, affetto, ammirazione che quasi tutto il mondo teatrale riversa ormai da tempo sul lavoro di questa regista siciliana feconda e spigolosa, si trovi a incontrare per la prima volta la sua arte proprio con “La Scortecata”. Bene, quella persona troverà in questo spettacolo tutto ciò che serve per capire il mondo poetico di questa artista. Dopo aver debuttato con successo l’estate scorsa a Spoleto, si è visto finalmente a Palermo nel contesto della programmazione del Biondo, in Sala Streheler, dal 12 aprile al 6 maggio. Si tratta di un lavoro per il cui testo la Dante ha liberamente operato su una fiaba del “Cunto de li cunti” di Giambattista Basile (lo trattenimiento decemo de la iornata primma), in scena ci sono Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, le luci sono di Cristian Zucaro, costumi ed elementi scenici della stessa Dante (quante storie,

ricordi, immagini in quelle due sedioline di legno ). Due vecchissime sorelle lasciano che un re s’innamori della voce di una delle due e, chiuse nel loro tugurio discinte e chiacchierone, non gli danno soddisfazione alcuna se non di un dito bellissimo e levigato dall’incessante (e comico) lavoro delle loro bocche brutte e sdentate. Alla fine una delle due dovrà pur cedere alla passione regale, ma solo al buio e, quando l’inganno sarà finalmente svelato, pagherà le necessarie e quasi mortali conseguenze per trasformarsi infine in una bellissima ragazza grazie all’intervento di una fata. Bene, cosa vede davvero quello spettatore? Vede un pezzo tipico del teatro di questa regista: un pezzo di teatro equilibrato, allusivo, sapido già nella struttura e ulteriormente insaporito dai tanti umori e colori che la regista riesce a far precipitare in esso. Percepisce il gusto della dialettalità linguistica e/o gestuale, la poesia concreta e grottesca dei quartieri popolari palermitani o napoletani, dei vicoli, dei bassi  abitati da personaggi che sembrano sopravvivere a se stessi alimentandosi di scarti e poesia, l’ironia - aristocratica e popolare insieme - della scrittura di Basile, il brio di una lingua teatrale che, sicura com’è della sua qualità e della sua capacità comunicativa, sembra concentrarsi piuttosto nella costruzione del ritmo dello spettacolo, della sua capacità di leggere il mondo nel profondo, ridendo certo ma spazzando via anche qualunque allegria superficiale priva di sostanza e pensiero. Ed ancora quello spettatore vede il gusto tipico di questa artista per la dimensione del desiderio (dimensione erotica e struggente in quanto tale, seppur immaginata in capo a due vecchissime e decrepite sorelle), per la dimensione del travestimento (liberante e quasi salvifica) e per la dimensione, infine, della violenza tragica che, questa volta, è lasciata solo baluginare nel gesto finale di una lama che viene sollevata: insomma questo spettacolo è una specie di piccola summa del lavoro artistico di Emma Dante, almeno per come si è andato sviluppando negli ultimi anni. Ovviamente, per permettersi certi lussi, e permetterseli con divertita (forse un po’ eccessiva, ma mai affettata) leggerezza, occorre che l’intera macchina teatrale sia ben rodata e che gli interpreti siano all’altezza e, in effetti, D’Onofrio e Maringola lo sono con solidità e in modo continuativo e omogeneo.

La Scortecata
Spettacolo liberamente tratto da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile.
Testo e regia di Emma Dante, con Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola; elementi scenici e costumi di Emma Dante; luci Cristian Zucaro. Crediti fotografici, M.L. Antonelli. Produzione Festival di Spoleto 60 / Teatro Biondo di Palermo.

Foto © Festival di Spoleto MLAntonelli-AGF