Filo conduttore del festival “In una notte d'estate” che la genovese Lunaria Teatro cura da anni e con crescente successo, è quest'anno “l'identità”, sovente coniugata al femminile, un femminile che per affermarne l'esistenza spesso soffre più del giusto e del dovuto. Coerente dunque la scelta di questo spettacolo che, come recitano gli autori, vuole essere anche “un esperimento di giornalismo teatrale”. Uno spettacolo, in effetti, che sta a metà tra la drammaturgia di narrazione e il teatro inchiesta, tra l'approfondimento storico-sociale e l'indagine intima che non cerca la biografia degli eventi bensì quella dell'anima. In mezzo Oriana Fallaci, donna complessa ma insieme limpida che nell'evidenza della parola scritta costruisce l'evidenza della realtà che ci circonda, non tanto nella sua presenza quanto nella sua significanza. Sta nel mezzo perché, già nel titolo, la drammaturgia vuole essere la narrazione in scena, autonoma e fedele, che Oriana fa della Fallaci, che la donna dunque,
anche con il suo privato, fa della giornalista e della donna pubblica, che senza quel privato forse perderebbe una buona parte del suo senso e del suo percorso.
Così in scena agli scritti si alternano le immagini del suo stare nel mondo, dal Vietnam al Medio Oriente, dalla morte della madre alla sua malattia, passando per la tragedia di Alessandro Panagulis, in un gioco di rimandi che riempie l'orizzonte della memoria e che riaccende anche in lontananza il fuoco dello scandalo, anche quello recente del giudizio sul terrorismo islamico che forse si è rivelato più profetico di quanto all'inizio intuito.
Un percorso della memoria concluso con un insegnamento che va oltre la Storia, quel OKI, quel no riemerso sul muro sbiancato dalla dittatura (una qualunque) della nostra contemporaneità, quasi a richiamare quella sorta di baricentro esistenziale, insieme interiore e pubblico, che fu la relazione con il ribelle Alessandro Panagulis, che forse i più giovani faticheranno a ricordare, durante e dopo la dittatura dei colonnelli ateniesi.
Una relazione breve ma profonda, iniziata nel 1973 e conclusa nel 1976 con la morte tragica di “Alekos” cui il romanzo della Fallaci “Un uomo” è interamente dedicato.
Di tutto ciò è protagonista in scena Carola Stagnaro, impegnata in una scelta di testi curata dal giornalista Gianfranco Sansalone. Ha curato invece le immagini Luca Nasciuti.
Una produzione della stessa Lunaria Teatro di Genova, vista il 24 luglio in Piazzetta San Matteo .
Il pubblico ha applaudito convinto, nonostante qualche smagliatura.