Un fantasma si aggira sul palcoscenico (e nel mondo), direbbe qualcuno, chi con nostalgia chi con soddisfatto raccapriccio. Ha gli indumenti di un contemporaneo manifestante (un Black Bloc?) ma si muove su slogan che si credevano dimenticati a partire da uno speranzoso “l'immaginazione al potere”. Sembra una scommessa destinata ad essere persa, come quella della solitudine della protagonista, la scommessa di ritrovare in quelle parole di allora e in questi gesti di oggi qualcosa di permanente che li accomuna fino ad unirli, qualcosa che appartiene all'uomo al di là del contesto e della contingenza storica. “Vogliamo tutto” è uno spettacolo sul 68 ma è soprattutto una drammaturgia sull'oggi, sul qui e ora del teatro che si confronta con la sua comunità, talora surrogandola nelle sue cadute e sostituendola nei suoi oblii, vuole dunque essere la tappa di una ricerca sul senso che il teatro ha, può e deve avere come compagno nel cammino nostro nella storia, una ricerca che di
per sé e già una affermazione.
Non tanto cos'è il 68, cosa che riguarda gli storici, ma piuttosto dove è radicato (se ancora lo è) oggi e dove si abbevera e si alimenta con tutte le metamorfosi che conduce con sé. Una indagine 'estetica' dunque, e un paradosso che transita in scena.
I due giovani drammaturghi, Davide Sacco e Agata Tomsic che sono “ErosAntEeros”; mescolano e sintetizzano con bravura diversi e contrapposti linguaggi che trovano sintesi in una narrazione che ha nella parola il suo inevitabile baricentro e nella musica il suo orizzonte e la sua prospettiva significante.
Così la scommessa è vinta e la efficace presenza scenica di Agata Tomsic, più che un io narrante una fantasmagoria di suggestioni senza identità assecondata e sottolineata anche dai mutamenti tonali della recitazione, ne è protagonista.
La contrapposizione dei linguaggi produce infatti un efficace effetto straniante che mescola le suggestioni del passato con le assenze di un presente che, superato il fordismo del lavoro in fabbrica, si trova disperso in una prigione virtuale ben più oppressiva.
Uno spettacolo interessante, non tanto per l'originalità della costruzione scenica, quanto per il tentativo di annodare un rapporto con la comunità, per riconquistarne gramscianamente una egemonia che da quei lontani giorni di 50 anni fa sembra irrimediabilmente perduta.
Un gesto positivo che forse troverà una risposta, come si augura la drammaturgia nella sua conclusione, ma, se ci sarà, sarà credo una risposta in forme e con modalità diverse, temute forse ma certo inaspettate.
Di Davide Sacco e Agata Tomsic, drammaturgia di Agata Tomsic, regia e music design Davide Sacco, con Agata Tomsic.
Una produzione TPE – Teatro Piemonte Europa/Polo del 900, in collaborazione con ErosAntEros, in residenza presso Masque Teatro, Santarcangelo dei Teatri e Ravenna Teatro.
Negli spazi del “Polo del 900” di Torino per la stagione TPE, il 10 novembre. Numerose le presenze e molti gli applausi.
Foto Andrea Macchia