Messina è una citta profondamente teatrale e non è facile capire il motivo, o i motivi, per cui questo luogo, perennemente colmo di luce e vento, e soprattutto la comunità che vi abita (di antichissime tradizioni culturali) continuino a sfornare nuovi talenti della scena. Ci concentriamo questa volta su Auretta Sterrantino, giovane regista messinese che, insieme con Vincenzo Quadarella e con la compagnia chiamata, citando Pessoa, “Quasi anonima produzioni” sta, passo dopo passo, studio dopo studio, spettacolo dopo spettacolo, definendo e sedimentando una propria lingua teatrale. Una lingua capace di suscitare emozioni e interesse, di tener insieme un importante sostrato di formazione classica e uno sguardo curioso e intelligente sulle dinamiche del presente. Diciamo dello
spettacolo “Riccardo III. Suite d’un marriage” che la Sterrantino ha scritto e diretto ispirandosi, con grande libertà, alla tragedia shakespeariana Riccardo III (le nozze innaturali e avvelenate d’odio e d’ambizione di Riccardo III con Lady Anna Lancaster). Una riscrittura che parte da una singolare prospettiva di lettura e di libera rielaborazione. Dopo aver debuttato a Messina a novembre, questo spettacolo si è visto sulla scena del Teatro “Tina Di Lorenzo” a Noto il 7 dicembre scorso: in scena ci sono Giulia Messina (Lady Anna) e Michele Cervello (Riccardo III), le musiche originali e il tappeto sonoro sono di Filippo La Marca e Vincenzo Quadarella, l’allestimento complessivo è di Valeria Mendolia. Nel merito dello spettacolo si può ben dire che la Sterrantino ha decostruito radicalmente e con originalità di visione l’opera shakespeariana, dissezionandone nuclei di senso e tematiche (complessità infinita del male, sensualità, desiderio di dominio e vendetta, gelosia, potere, dinamiche violente e comunque avvelenate tra coniugi o amanti), per poi rimontarla con la giusta urgenza della catastrofe irrimediabile ma secondo modalità che afferiscono più al teatro-danza che alla prosa teatrale. Poco male, certo: il lavoro sul movimento di coppia dei due protagonisti, l’intrecciarsi volutamente sensuale dei corpi, il lentissimo e profondo dialogare degli sguardi su una base musicale che sembra riecheggiare atmosfere tropicali o sud-americane, rendono pregevole e intrigante questo spettacolo. Non altrettanto convincente invece appare il lavoro dedicato alla riscrittura del testo: probabilmente lo sforzo di tenere insieme e di comunicare la meravigliosa tensione poetica della lingua di Shakespeare e la complessità della praxis del dramma ha fatto sì che, nel contesto di uno spettacolo che sostanzialmente resta intenso e convincente, proprio il lavoro sul testo sia il segmento meno interessante, forse meno pensato e comunque poco congruo rispetto alla forza delle immagini e dei movimenti.
Crediti fotografici: Frame Off