Affrontare Shakespeare dal lato del femminile, del 'suo' femminile, è idea assai interessante soprattutto se articolata, come fa Mario Jorio in questa sua nuova drammaturgia, non tanto sulla pienezza tutto tondo del personaggio femminile, talora sfuggente o defilata come spesso nel Bardo, quanto sullo sviluppo della relazione di amore che lega e definisce in sé sia il maschile che il femminile.
Un omaggio alle donne lo definisce il drammaturgo regista che si trova però, paradossalmente, ad inciampare e a dover così affrontare quella particolare declinazione del femminile che sfugge e scivola al di sotto delle parole, quasi che all'omaggio infine sfuggisse proprio l'oggetto dell'omaggio stesso. Una sorta di testimone muto, l'uomo, ossificato ed immobile sulla scena come l'icastico scheletro che dialoga con l'assurdo nulla, allontanato dalla parola che percorre sulla scena sue proprie parabole alla ricerca di un senso già dimenticato. Da Giulietta a Ofelia, da Desdemona a Lady
Macbeth fino alle infelici amanti e spose di Riccardo terzo, è una parabola che sembra infrangersi sulla indisponibilità della donna e del genio femminile a declinarsi in subordine, quasi a calco del personaggio maschile, costretta anche dalle gabbie di quella grande drammaturgia, per ritrovare nelle parole contemporanee di Manganelli e Cioran, tra avanguardia storica e assurdo metafisico, una identità nuova e da sempre velata.
Ecco, forse Jorio, che comunque dispiega una regia accurata e appassionata, avrebbe dovuto avere più coraggio nell'infrangere la trama linguistica shakespeariana, scoperchiandone contraddizioni e suggestioni, incistandola più efficacemente con gli echi di quella contemporaneità che ha risvegliato e risveglia quel genio femminile.
Così ne soffre un po' l'amalgama complessivo e la fluidità drammaturgica, lasciando il percorso scenico talora in sospeso. Sarà certo conseguenza dell'esordio, con le incertezze che con il tempo saranno superate.
Brava la protagonista del monologo, una Sarah Pesca cui la scrittura è in primis dedicata e su cui in un certo senso è costruita, con una recitazione multi-tonale che segna un suo maturare progressivo e ancora in itinere.
Uno spettacolo interessante nell'ideazione, anche se con esiti non sempre del tutto convincenti, ma che conferma il buon spessore scenico della linea di ricerca di Jorio.
Alla sala Campana del Teatro della Tosse di Genova dal 10 al 12 gennaio, ha convinto il pubblico presente in buon numero.