Dici Alan Bennett e, almeno a Milano, pensi al Teatro Elfo Puccini (corso Buenos Aires 33) e a Luca Torraca, l’attore (e autore) di alcune delle versioni teatrali più riuscite dei romanzi dell’autore inglese.
Prima è stato “La patatina nello zucchero”, che ha debuttato la scorsa stagione, stesso teatro e stesso autore-attore. Un successo, e non solo perché Bennet è delizioso, sempre sul filo tra ironia, sarcasmo, humor nero, malinconia e un attraente spirito british. L’apporto di Torraca è stato determinante, si è calato non tanto e non solo nella psiche dei due protagonisti – madre e figlio – ma nella stessa mente creativa del romanziere, nel suo mondo. La stessa formula magica si ripete questa volta, se possibile ancora più efficace. “Aspettando il telegramma” (fino al 20 gennaio 2019) narra di Violet, anziana novantacinquenne in casa di riposo, innamorata del suo infermiere, contrariata perché scorda le parole, simpatica e malinconica al contempo. Un personaggio di garbo e di cuore,
semplice ed ordinario, la cui via del tramonto si realizza attraverso una sovrapposizione di piani affettivi e temporali. Il fidanzato a cui non si è mai concessa per pudore e che la vita le ha sottratto uccidendolo in guerra, l’infermiere dolce e delicato che la fa sentire una principessa che ancora una volta la vita, sempre lei, le ha sottratto ucciso dall’Aids, più un contorno di personaggi di cui Violet osserva solo i dettagli. Un telegramma la avvisò della morta del suo amore giovanile – come si usava per i decessi di guerra – ma un telegramma è in attesa di arrivo, firmato direttamente dalla Regina per complimentarsi della vegliarda età raggiunta- o almeno così le ha raccontato una sua amica.
Un’ora di spettacolo, una sorta di quadretto che assomiglia più alla puntata di una serie tv che a una grande prosopopea. Eppure convince anche in questo, le pennellate veloci diventano efficaci ed evocative, Violet dipinge un tramonto in cui ci identifichiamo tutti noi, dove tempo e spazio, significati e proiezioni personali si uniscono in un tutt’uno.
Rare le interpretazioni del mondo della terza età a teatro, salvo qualche versione ideologizzata – l’era della decadenza morale per la corruzione della vita o il periodo della grande saggezza.
Bennet attraverso Torraca racconta di un mondo reale eppure non prosaico, quotidiano eppure portatore di un non so che di poetico.
Da vedere.