Mezzaria Teatro, nell'ambito della stagione di prosa 2018-2019 del Teatro del Canovaccio di via Gulli 12 a Catania ha proposto il corposo ed illuminante atto unico “Mein Kampf kabarett” di George Tabori con l’adattamento e la regia di Nicola Alberto Orofino. In scena un team collaudato composto da Giovanni Arezzo, Francesco Bernava, Egle Doria, Luca Fiorino, Alice Sgroi. Assistente alla regia Gabriella Caltabiano, scene Cristina Ipsaro Passione, organizzazione Filippo Trepepi. Il regista Nicola Alberto Orofino partendo dal complesso testo "Mein Kampf" di George Tabori, infarcito di riferimenti religiosi, storici, intellettuali con precisi riferimenti sul senso della vita e della morte, della verità e della bugia, della poesia e dell'illusione, della storia e della fantasia, confeziona una pièce davvero convincente, ricca di concetti, di inquietudini, di domande sul nostro essere, su cosa siamo diventati nel tempo e su cosa - ancora - ci potrebbe succedere. Lo spettacolo inchioda
piacevolmente il pubblico alla poltrona per ben due ore facendo passare in mente gli orrori del passato, le follie del presente, i rischi del futuro.
Vengono affrontate le svariate tematiche di "Mein Kampf" attraverso l'arma della satira feroce, aggiungendo al titolo del testo il sottotitolo "Kabarett", colorando così le due scorrevoli ore dello spettacolo con l'arma della satira sociale e politica pur affrontando argomenti quali antisemitismo e nazismo.
La pièce tiene sempre viva l'attenzione del pubblico, con battute e trovate degli interpreti in scena, attraverso un gioco provocatorio e farsesco, che nel pieno rispetto dell’opera di Tabori, induce tutti ad una profonda riflessione su tragici fatti del passato che, mai come oggi, rischiano di tornare a galla, invece di rimanere negli archivi dei tristi ricordi del genere umano.
La vicenda narra di un giovane ragazzo con la passione per la pittura, Adolf Hitler, che arriva a Vienna da Braunau, sull'Inn, per sostenere l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti e, sporco e squattrinato, trova rifugio nel ricovero per ebrei della signora Merschemeyer di Vicolo del Sangue dove vivono gli ebrei Lobkowitz (che crede di essere Dio) e Schlomo Herzl che sogna di scrivere un grande libro sul significato dell'esistenza, del quale ha appuntato solo l'inizio e ha deciso il titolo, Mein Kampf.
Schlomo Herzl, alle prese con le sue bugie e con la vergine Gretchen, accoglie e protegge Hitler, gli offre perfino il suo cappotto e gli dona l’aspetto a tutti noto, con baffetti e capelli lisci. Adolf bocciato agli esami di ammissione all'Accademia delle Belle Arti, si dedicherà alla politica, andando poi incontro alla sua inarrestabile ascesa, convinto nel suo proposito di "ridurre le persone, di metterle in riga e se necessario di spingerle sotto".
Alla fine nel ricovero arriverà anche la Signora Morte, beffarda ed originale figura che troverà in lui un prezioso alleato. Il Fuher al potere, in una Germania smarrita, ringrazierà poi Shlomo per averlo indotto alla carriera politica e uno sgozzamento di galline anticiperà metaforicamente il genocidio degli ebrei. Quel ragazzo povero, incapace, sarà quindi capace, in qualche anno, di abolire ogni libertà in Germania, causando un conflitto mondiale e massacrando sei milioni di ebrei.
Una storia agghiacciante, di un folle visionario, una storia di bugie e verità che si mescolano, di un futuro, di un destino che non si può cambiare, portata in scena quasi con leggerezza, con assoluta e travolgente ironia, che trascina, diverte, inquieta il pubblico che, alla fine, non smette quasi più di applaudire gli interpreti ed il regista. Un atto unico di due ore che volano in un batter d'occhio tra emozioni, risate e riflessioni profonde per un testo complicato e variegato che ci accompagna per mano nei meandri limacciosi ed inquietanti delle attese della vita con la sua imprevedibilità, tra bugie ben congegnate e dai mille volti, in un faccia a faccia con una "Signora Morte" che programma tutto con attenzione e che cerca sempre alleati per il suo inevitabile compito.
Convincenti, esilaranti, inquietanti nei loro gesti, nelle loro espressioni, nel loro calarsi in cinque difficili personaggi, i protagonisti: Luca Fiorino è l'intenso Schlomo Herzl, Francesco Bernava il camaleontico, divertente e saggio ebreo Lobkowitz e Giovanni Arezzo rende vivo il giovane Hitler, buffo ed autoritario, angosciante e predestinato sterminatore. Di notevole intensità le interpretazioni delle due donne in scena: Alice Sgroi con il suo carisma ed il suo dinamismo è la vergine Gretchen, sogno d'amore ed erotismo di Schlomo Herzl, mentre all'estro, alla fantasia interpretativa di Egle Doria, con tanto di occhiali scuri e camminata inquieta, è affidato il personaggio inquietante della "Signora Morte".
Evocativi, angoscianti, nella loro semplicità, la scenografia ed i costumi curati da Cristina Ipsaro Passione, mentre la regia di Nicola Alberto Orofino è ancora una volta capace di dosare emozioni, poesia e profonde inquietudini, che pervadono tutti. Un lavoro di grande suggestione arricchito dalle dalle graffianti battute e dai balletti dei protagonisti sul gradevole brano di Max Gazzè, “Sotto casa” o nel finale sulle note di "Gam Gam", una delle più famose canzoni della tradizione Yiddish e pezzo del testo ebraico del Salmo 23 che le maestre ebree deportate nei campi di concentramento facevano cantare ai bambini.
Alla fine applausi convinti del pubblico, sorpreso e coinvolto, per un lavoro commovente, attuale e ricco di mille significati.
Mein Kampf kabarett
di George Tabori
Adattamento e regia Nicola Alberto Orofino
Con Giovanni Arezzo, Francesco Bernava, Egle Doria, Luca Fiorino, Alice Sgroi
Assistente alla regia: Gabriella Caltabiano
Scene: Cristina Ipsaro Passione
Organizzazione Filippo Trepepi
Produzione MezzAria Teatro
Teatro del Canovaccio-Catania – 21, 22,23,24 e 28 Febbraio – 1, 2 e 3 Marzo 2019
Foto di Gianluigi Primaverile