Pin It

Osservare gli spettacoli della compagnia ANAGOOR è un’esperienza forte, intensa, soprattutto dal punto di vista psicologico, sensoriale e della levatura culturale. Dopo l’esperienza vissuta presso l’Asilo Filangieri, nel 2017, con lo spettacolo RIVELAZIONE /SETTE MEDITAZIONI INTORNO A GIORGIONE, la compagnia ritorna a Napoli, in un’unica data evento, il 26 febbraio 2019, che riempie il teatro Politeama, in collaborazione con TAN Teatri Associati Napoli,  con una straordinaria presenza di pubblico, tanto da ritardare l’inizio dello spettacolo di un’ora. I grandi contenitori, così come potrebbero essere descritti gli spettacoli di questa compagnia, contengono un’enorme molte di materiale che percorre trasversalmente lo scibile umano. La drammaturgia, testuale e scenica, è costruita su un filo conduttore che viene sviluppato attraverso un metodo scientifico, riportando in scena le modalità di stesura di un saggio, con tanto di citazioni tessute all’interno di una struttura che

ingloba in sé recitazione, narrazione, movimento corporeo, installazioni video, mimo.  Nel corso della visione, dunque, il pubblico si rende conto della moltitudine di maglie e di livelli di lettura che gravano sullo spettacolo e da cui lo spettatore può, comunque, estrapolare il messaggio finale. In effetti, questa è la tecnica, ossia un punto di partenza visivo e narrativo comprensibile dalla maggior parte degli spettatori, seppur con velocità diverse, e un punto di arrivo, quest’ultimo, invece, individuabile da tutti. Se lo scopo del teatro è quello di comunicare attraverso la parola, le immagini e il racconto, la compagnia Anagoor ha costruito il suo percorso su un metodo infallibile, sebbene antico e semplice nella sua complessità, rivestendo il tutto con un abito che recupera elementi della cultura umanistica, della saggistica, della storia e storia dell’arte, della filosofia e della poesia. Se il teatro pone spesso in evidenza un autore in particolare o un tema specifico, questa compagnia propone allo spettatore un tema fondamentale che viene, invece, trattato nella sua universalità, utilizzando una drammaturgia fortemente narrativa, ornata di allegorie, letterarie e visive, di citazioni, e riportata in scena attraverso tecniche teatrali, affinché l’esito finale non sia barocco, bensì mirato alla conoscenza comune. L’approccio, dunque, che sembra essere quello dantesco della Divina Commedia, pone lo spettatore davanti ad un prodotto che non ammette incomprensioni: ogni spettatore, infatti, riesce a recuperare un codice personale all’interno dei molteplici livelli di lettura, attraverso un processo che permette di arrivare all’obiettivo finale. Il tema universale che ritroviamo all’interno di questo spettacolo è il rapporto maestro-allievo, che può essere analizzato soprattutto come rapporto padre-figlio e come analisi dell’evoluzione dei tempi. Il titolo riporta il nome di Socrate, il cui epiteto “sopravvissuto” è naturalmente ossimorico, in quanto è noto che il filosofo accettò di uccidersi davanti all’accusa di ateismo, gravissima in una società come quella greca che univa indissolubilmente la politica alla religione. Considerato nemico della religione e, dunque, del governo, fu, infatti, costretto a bere la cicuta. Ciò che interessa la compagnia, e questo è evidente, non è tanto il personaggio di Socrate, la cui descrizione della morte viene riportata in stralci, attraverso anche l’utilizzo di un’installazione video che ingloba mimo e narrazione, citando le parole di Platone e dell’opera FEDONE, bensì il rapporto con i suoi discepoli e la comunicazione del messaggio. Per questo motivo la prima parte dello spettacolo si basa su un racconto di cronaca, il massacro della Columbine High School, a sua volta recuperato per sviluppare un intero romanzo, ossia IL SOPRAVVISSUTO di Antonio Scurati, testo del 2005. Comprendiamo, dunque, il titolo ossimorico e il sottotitolo, COME LE FOGLIE, versi del poeta greco Mimnermo, che evidenziano, appunto, il rapporto tra vecchiaia e gioventù attraverso la metafora dell’albero/vita. Il protagonista/narratore dello spettacolo, interpretato da Marco Menegoni, è un giovane professore di filosofia e storia presso un liceo di Casalegno; il romanzo di Scurati, infatti, racconta, un fatto di cronaca americana trasferito in una scuola italiana, dove, durante l’esame di maturità, l’intero corpo docenti viene ucciso da un allievo, che risparmia, appunto, il giovane professore di filosofia. Da qui il concetto di sopravvissuto, che diventa il leitmotiv del romanzo di Scurati, incentrato sui pensieri e sulle azioni del professore, subito dopo l’omicidio. All’interno dello spettacolo la classe è realmente in scena, interpretata da giovanissimi attori; nonostante l’omicidio sia descritto da un punto di vista medico/legale, ciò su cui si basano la drammaturgia e la narrazione è soprattutto il ragionamento posto a priori dell’atto. Se nel romanzo, dunque, il percorso narrativo parte ad omicidio già avvenuto, all’interno dello spettacolo si mostra al pubblico la preparazione all’omicidio, i mesi di lezioni precedenti, fino ad arrivare al giorno dell’esame di maturità. Questo ci fa comprendere l’intento della compagnia, ossia l’attenzione rivolta al difficile rapporto comunicativo tra generazioni differenti, ma l’analisi della difficoltà della comprensione del messaggio. La scena è scarna, illuminata da luce fredda che ci riporta tra i neon delle scuole italiane o, addirittura, in fondo ad una sala operatoria o ad un obitorio. Il fondo del palcoscenico è caratterizzato da uno schermo che diventerà il protagonista assoluto nel corso dello spettacolo. Il professore/narratore racconta, attraverso pagine di diario, l’approccio con la classe e gli argomenti trattati: tra questi la vita e la morte di Socrate. La prima parte dello spettacolo obbliga il pubblico ad osservare incessantemente il lento “scioglimento” dei corpi degli studenti, i quali, muti, seduti e assenti nei loro banchi, cominciano a scivolare a terra, attraverso un movimento lentissimo, coadiuvato da una colonna sonora ripetitiva e ossessiva, che ci permette di non accorgerci del cambiamento di posizione: lo sguardo dello spettatore si muove e salta da un allievo ad un altro, accorgendosi poco dopo che qualcuno è improvvisamente scivolato o addormentato. Il decadimento di una generazione “addormentata” e destinata al declino, “come le foglie” che cadono inesorabilmente, è immagine ricorrente nella drammaturgia italiana degli ultimi anni, ma in questo contesto appare ancor più inquietante scoprire che il messaggio di Socrate, colui che ha conversato con i suoi allievi fino al momento della morte, sembra essere monito alla reazione. Lo studente assassino risparmia, infatti, l’unico professore che ha descritto un personaggio non omologato, Socrate appunto. La durezza del messaggio riportato all’interno di questo spettacolo non può essere, dunque, banalizzata con una critica ai giovani e alla loro violenza efferata. Emergono, infatti, innumerevoli colpe che non risparmiano nessuno. Se la prima parte dello spettacolo appare eccessivamente lenta e prolungata, così come alcuni momenti di narrazione, rendendo difficoltosa l’immedesimazione del pubblico, la seconda parte  arriva ad una sovrapposizione tra realtà e finzione che incuriosisce lo spettatore. La realtà del palcoscenico viene capovolta e l’attenzione visiva dello spettatore si concentra sul video, le cui immagini rappresentano la conversazione tra maestro e allievo, nel triplice rapporto Socrate-Platone-Aristotele, fino al momento della morte del maestro. I personaggi sono muti e indossano le splendide maschere di Silvia Bragagnolo e Simone Derai, quest’ultimo regista e drammaturgo, all’interno di una compagnia formata da numerosissime maestranze. Le maschere, di memoria tragica greca, prendono voce grazie agli attori in scena, che riproducono suoni, rumori e voci, appunto, dal vivo, mentre il piano dell’attenzione si sposta sul video. La morte di Socrate recupera, in questo spettacolo, datato 2016, l’immagine del noto dipinto di Jacques-Louis David, e tra innesti di Nootboom e Gurdjieff, l’immagine esce dal racconto e sorvola i campi, attraverso riprese aeree che stimolano vista e udito, imprimendo alcune riflessioni sull’anima, colte dal pagano Socrate, ma riscontrabili anche nella cristianità. Spettacolo complesso e ricco, articolato in alcuni momenti, profondissimo in altri, eccessivamente didascalico in altri ancora, il cui livello di eleganza e di stimolazione è, però, sempre altissimo.

SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO/COME LE FOGLIE
Teatro Politeama Napoli /TAN Teatri Associati Napoli
26 febbraio 2019
SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO / come le foglie
dal romanzo Il Sopravvissuto di Antonio Scurati con innesti liberamente ispirati a Platone e a Cees Nooteboom e Georges I. Gurdjieff
con Marco Menegoni, Iohanna Benvegna, Marco Ciccullo, Matteo D’Amore, Piero Ramella, Margherita Sartor, Massimo Simonetto, Mariagioia Ubaldi, Francesca Scapinello/Viviana Callegari/Eliza Oanca
Maschere Silvia Bragagnolo e Simone Derai
Costumi Serena Bussolaro e Simone Derai
Musiche e sound design Mauro Martinuz
Video di Simone Derai e Giulio Favotto
Con Domenico Santonicola (Socrate), Piero Ramella (Alcibiade), Francesco Berton, Marco Ciccullo, Saikou Fofana, Giovanni Genovese, Elvis Ljede, Jacopo Molinari, Piermaria Muraro, Massimo Simonetto
Riprese aeree Tommy ilai e Camilla Marcon
Concept ed editing Simone Derai e Giulio Favotto
Direzione della fotografia e post produzione Giulio Favotto / Otium
Drammaturgia Simone Derai e Patrizia Vercesi
Regia Simone Derai
Produzione Anagoor 2016
Co-produzione Festival delle Colline Torinesi, Centrale Fies Realizzato con il sostegno del Bando ORA! della Compagnia di San Paolo
Premio Rete Critica 2016 – spettacolo dell’anno
Candidato come spettacolo dell’anno ai Premi UBU 2016 Premio della Critica 2016, Associazione Nazionale Critici del Teatro