È tutto così inverosimile eppure tutto così profondamente vero e reale, esteticamente parlando, in questo micro-mondo senza confini creato sulla scena da Jacop Halbom e dai suoi performer, dal viso mascherato di bianco come i clowns di Les Enfants du Paradis. In effetti, nel solco di una sensibilità e di un rapporto consolidato e maturo con il cinema e le arti visive, ad un clown moderno è ispirato il lavoro scenico della compagnia, a quel Buster Keaton spesso sottovaluto ma dalla maschera ancora non superata. Racconta di due uomini che vivono in un piccolissimo appartamento in cui tutto ha una doppia funzione. Manca solo una donna e loro decidono di crearla, anzi di costruirla, ma il suo arrivo rompe ogni equilibrio e tutto scivola nella confusione fino al boschivo e sorprendente finale.
Semplice eppure difficilissimo, in un contesto dove il senso è man mano costruito dalle relazioni corporee tra i protagonisti muti, che tra slanci ed ellissi sovvertono spazi e sovrappongono tempi,
finalmente sinceri senza che le parole ne distorcano la comprensione.
Sembra una immagine a calco della nostra vita contemporanea, irriconoscibile forse perché rivoltata ma alla fine così vicina e così dentro di noi da sorprenderci, mentre il vuoto con pazienza costruito attorno alla narrazione si riempie della sonorità della bellissima musica dal vivo.
Uno spettacolo molto bello e profondo, comico e commovente, in una parola profondamente affettivo, giocato sui contrasti e su quegli angoli un po' nascosti della nostra vita che cerchiamo di dimenticare ma in cui talora andiamo a sbattere.
Capace dunque di suggerire infinite suggestioni e riferimenti, dal muto appunto con I suoi gesti idiomatici alla attraente e inquietante Coppelia sognata da Hoffman, e così di rinnovare anche il senso e il peso della parola che ne è il titolo, uno “spazio vitale” di tragica memoria che diventa ironicamente la misura della ricerca della libertà e della creatività, dei singoli e delle collettività.
Bravissimo l'ideatore e direttore, l'ormai famoso Jakop Ahlbom svedese artisticamente rinato in Olanda, e bravissimi I performers che lo accompagnano Reinier Schimmel, Jakop Ahlbom/Yannick Greweldinger, Silke Hundertmark, Leonard Lucieer, Ralph Mulder/Empee Holwerda, lo sguardo ingenuo capace di penetrare ogni significato con la forza dell'immaginazione.
Leonard Lucieer e Ralph Mulder, membri della band Alamo Race Track, suonano in scena la loro coinvolgente musica, creando richiami e suggestioni che sostengono la narrazione, soprattutto enfatizzando l'effetto di ironia alienante nel contrasto tra ispirazione e movimenti del muto e musica moderna.
Set design Douwe Hibma and Jakop Ahlbom.Dramaturge Judith Wendel, Lighting Design Yuri Schreuders Technicians Tom Vollebregt, Yuri Schreuders, Allard Vonk, and Michel van der Weijden.Special props Rob Hillenbrink Make-up Anabel Urquijo Claveria Marketing Janko Duinker en Danae Bos. Production management Sarah Faye van der Ploeg Management and sales Marc Pil.
Visti I linguaggi e I riferimenti, uno spettacolo che più che parlarne e scriverne vale la pena di essere visto. Alla sala Trionfo del Teatro della Tosse di Genova, ospite con scelta apprezzabile e del tutto condivisibile dal 28 al 30 marzo. Molti gli spettatori e moltissimi gli applausi.