Nell'ambito di PerformAzioni – International Workshop Festival accaduto, è il termine adatto io credo, a Bologna dal 17 maggio al 6 giugno scorso per ideazione, iniziativa e direzione della compagnia Instabili Vaganti, si è tenuto, nel giorno di chiusura, questo necessario “incontro internazionale sull'alta formazione teatrale e in ambito performativo”, suddiviso tra i bellissimi spazi dell'Oratorio San Filippo Neri e il DAS – Dispositivo Arti Sperimentali e ben moderato e coordinato da Simona Frigerio. PerformAzioni è al suo secondo anno ma già, in maniera innovativa, si sta sviluppando oltre i confini tradizionali dei festival d'estate, abbinando agli spettacoli ed ai laboratori momenti di riflessione critica ed anche estetica sull'essere e sul fare teatro. Quest'anno il suo interesse è ruotato intorno alla pedagogia teatrale e alla alta formazioni anche nelle arti performative con l'appuntamento sopra citato. È stato, questo, un incontro ricco e anche ambizioso, soprattutto
nella sua dichiarata esigenza di aprirsi, oltre agli addetti ai lavori, alla comunità degli studenti e alla cittadinanza tutta, o almeno a quella parte che di teatro e arti performative si interessa o è curiosa. Una porta aperta che solo in parte la città ha sfruttato fino in fondo.
Al mattino, al San Filippo Neri, protagonista è stata l'università, l'accademia, la prima ad affrontare, dalla sua specifica visuale, il nodo del convegno, quella che, cioè, è la dicotomia tra la ricerca performativa da una parte e la produzione teatrale dall'altra, una dicotomia che coinvolge anche il rapporto tra gli studiosi e i gli artisti del teatro.
Ne hanno parlato Gerardo Guccini del DAMS di Bologna e Paul Allain dell'Università del Kent, interrogandosi entrambi sui limiti che dimostrano le università nel formare oltre agli studiosi anche concreti operatori teatrali, anche se è stato ricordato come il DAMS di Bologna, primo in Italia, sia nato con un corpo docente costituito da grandi professionisti.
Nella seconda parte della mattinata Anna Dorno e Nicola Pianzola, cioè gli Instabili Vaganti, insieme a Rita Maffei, di CSS Udine/l'Ecole de maître, hanno illustrato alcuni esempi operativi di alta formazione teatrale e performativa, quella indirizzata a chi nel teatro già opera. Da segnalare al riguardo che nel corso dell'evento sono stati tre i Workshop ospitati, due di “teatro fisico” condotti da Instabili Vaganti e Paul Allain ed uno di “drammaturgia” a cura del drammaturgo uruguaiano Segio Blanco.
Quest'ultimo, nel pomeriggio stesso al DAS, ha illustrato in plenaria il suo “Beginning With Brath” masterclass appunto di teatro fisico.
A seguire è stata la volta delle Compagnie teatrali, e il loro intervento è servito in un certo senso a 'smascherare' quel nodo, rivelando il non detto della sovrapposizione e anche del contrasto tra arte ed economia, tra poesia e profitto, una gerarchia ribaltata che percorre talora inconsapevolmente la vita e l'esperienza concreta di molte delle realtà del nostro teatro, di ricerca o no che siano.
Si è percepito, a mio avviso, un progressivo slittamento di priorità anche in chi dovrebbe esserne maggiormente consapevole, uno slittamento manifestato in una sorta di adesione sottintesa ai paradigmi economici contemporanei del mercato e del profitto. Solo il richiamo di Dario Marconcini alle esigenze insopprimibili della creazione artistica ha contribuito a smascherarne la sottile sovrapposizione.
Una gerarchia e una priorità che grandi artisti, e penso a Eleonora Duse pur con la sua attenzione alla gestione, hanno sempre cercato di mantenere a favore dell'arte che doveva precedere il profitto anche se in fondo lo favoriva.
Un non detto emerso anche nella sostituzione apparentemente neutra del concetto di “creazione artistica” con quello di 'prestazione artistica', dopo che è stata man mano superata, soprattutto concettualmente, l'idea che l'artista svolga un servizio 'non economico' per la comunità e per questo vada sostenuto, che sia la polis, un mecenate o la comunità nel suo insieme. Soprattutto per ciò che riguarda il teatro, diritto/dovere di conoscenza.
È un nodo che comincia a stringere, così approfondendo alla fine la dicotomia tra arte e produzione, cioè tra una creatività separata e le vie della sua penetrazione nella Società.
Infatti proprio su questo senso di separatezza, non solo rispetto alla Società ma anche e soprattutto tra le reciproche esperienze, hanno dialogato gli esponenti di alcuni dei più interessanti teatri di ricerca italiani, dal Teatro Akropolis al Teatro del Lemming, dal Teatro dell'Orsa a Lenz Fondazione, cui si sono uniti nel Networking successivo Il Teatro delle Ariette, Leggere Strutture e Il Lavoratorio.
In chiusura i bravi Dario Marconcini e Giovanna Daddi ci hanno parlato della loro esperienza insieme a Jean-Marie Straub e del suo metodo, fatto di rigore e presenza articolata nelle innumerevoli relazioni tra tempo e spazio, mostrandocene con alcune letture l'efficacia nella gestione della parola e della fonazione.
È stata la loro soprattutto la concreta presenza di una storia e di una esperienza che dimostra come la coerenza sia possibile e consenta di rendere ancora viva un idea di teatro non subordinata a quel paradigma/luogo comune, che lo vuole sorta di fabbrica che appronta prodotti altamente digeribili per un pubblico frettoloso e in altro impegnato.
Purtroppo l'atteso film dello stesso Straub “Le streghe” non ha potuto essere proiettato per un inconveniente tecnico e la sua visione è stata rimandata ad un'altra occasione.
Un convegno molto interessante che si è avviato su percorso che si mostra promettente.