È una polifonia sul nulla e del nulla questa spiazzante e anche, latu sensu, 'fastidiosa' drammaturgia, quarto appuntamento della ventiquattresima “Rassegna di drammaturgia contemporanea” in corso a Genova, una drammaturgia del nulla, etico, psicologico e identitario, che in questa nostra opaca contemporaneità progressivamente ci riempie e, scusate la tautologia, intasa il nostro spirito e la nostra mente, quasi ottundendoli. Un testo, dunque, che suggerisce ed esplora questo nulla attraverso la costruzione narrativa e dialettica di un personaggio, ROB appunto, anch'esso scenicamente 'inesistente' ma composito, frutto dell'altrui sguardo e dell'altrui memoria, in questo 'passivo' ma anche capace di attivare nel racconto drammaturgico le suggestioni di un oggi senza riferimenti e desideri veri, prima ancora che senza valori. Un mondo, quello di Rob, fatto di sogni senza interpretazioni in cui bene e male si sovrappongono nell'uguale giudizio e nell'uguale valore e in cui lo
scoppio della violenza, che ricorda talora la sintassi del kubrikiano “Arancia Meccanica”, è anch'esso svogliato e indifferente, senza neppure odio che lo alimenti e lo giustifichi, gesto automatico e coattivo che appunto del nulla, dentro e fuori di noi, si fa schermo.
È infine uno sguardo senza speranza su una Società ed una Storia deprivata di ambizioni e storia, figlia di un potere lontano e senza volto di cui la Grecia ha fatto recentemente concreta esperienza, uno sguardo drammaturgico dalla sintassi tragica che sembra però, della tragedia e della sua antica catarsi, avere nostalgia.
Rob è dunque una suggestione della nostra mente, la sua struttura e la necessaria consapevolezza che potrebbe guidarci, oltre la sofferenza che fa distogliere lo sguardo, ad uscire dal vuoto che sembra affascinarci. Dolorosa ma necessaria.
Dramma dell'ellenico Efthymis Filippou, già noto sceneggiatore e successivamente approdato alla drammaturgia, è stato presentato nella traduzione di Maurizio De Rosa messa in scena per la regia di Alberto Giusta, una regia che sceglie di concentrare in solitario ma caleidoscopico monologo la varietà e la diversità degli spunti narrativi del testo.
Forse in questa scelta qualcosa dell'efficacia del testo stesso si è, nella messa in scena, attenuato ed è risultato di più difficile percezione, ma nel complesso si è conservata una sufficiente capacità significante e comunicativa.
In scena un bravo Simone Cammarata che fronteggia con efficacia e spontaneità quella difficile polifonia, esposta e sostenuta in scena come in contrappunto a un diagramma sonoro dai molti spunti, in ciò accompagnato e coadiuvato da sound Taru (Ruggero Lambo).
Una scelta difficile questa del Teatro di Genova, 'spinosa' e certamente non consolatoria ma efficace e forse anche necessaria. Alla Sala Mercato di Sampierdarena dal 19 al 29 giugno, con qualche sconcerto ma molti applausi.
Foto Patrizia Lanna