Decima edizione, tradizionale appuntamento di Agosto nella piana di Albenga, curioso incontro di realtà e teatro, irrigato dall'intelligenza e dalla sensibilità di Kronoteatro, una delle poche innovative realtà teatrali del comprensorio, riconosciuto dal Mibac come “Impresa di Produzione Teatrale” nonché ospite con il “Trittico della Resa” alla quarantaseiesima edizione della Biennale Teatro di Venezia, e del suo ideatore Maurizio Sguotti che ne è, insieme, direttore artistico ed organizzativo. A “Terreni Creativi” infatti hanno cominciato a guardare con attenzione alcune delle più interessanti esperienze italiane che lo percorrono e ripercorrono trovandovi, credo, un luogo capace di stimolarne efficacemente e di saggiarne idee e suggestioni. Ma questo è lo spirito del Festival che abbiamo scoperto negli anni e di cui già abbiamo scritto a lungo. Anche quest'anno dunque si sono alternati eventi e spettacoli complessivamente interessanti, pur con occasionali perplessità, in un contesto, peraltro, forse meno omogeneo di altre edizioni ma con la capacità di lanciare sguardi in mondi estetici contrapposti e anche contraddittori quasi a rappresentare quella certa confusione
che alimenta una contemporaneità in cui il cosiddetto “Pensiero Unico” ha come rifratto e disperso le forme più consuete di condivisione, siano queste storiche, sociali o anche eminentemente estetiche.
Questi gli ospiti dal 9 all'11 agosto, tra sedi istituzionali e le serre delle Aziende Agricole e delle Cooperative della “piana”.
SE QUESTO È LEVI
Ha percorso tutti e tre i giorni del Festival, spettacolo per sua stessa definizione itinerante nel tempo e nello spazio, ed è stato a mio avviso l'evento più interessante e intenso di tutto il Festival. Complesso movimento drammaturgico costruito, quasi come un pentagramma o meglio come la tavola del “Sistema Periodico degli Elementi”, come una eco catturata del percorso esistenziale etico ed estetico di Primo Levi, ma che sembra però avere come suo scopo finale e intimo quello di superare se stesso, sintatticamente e linguisticamente, come drammaturgia, andando oltre o meglio mostrandosi fino in fondo come appropriato contenitore di una sincerità che, sensu lato, lo prescinde. Ciascun movimento è quasi una pausa, un gorgo, nel fluire dell'esistenza di Primo Levi, battuta dal tempo della sua scrittura, da “Se questo è un uomo” a “Il sistema Periodico” fino all'ultimo “I sommersi ed i salvati”, che la mano del drammaturgo seleziona e ristruttura in diverse sintassi, con cura partecipata facendola propria ma senza in alcun modo tradirla. Ne emergono ben sottolineati i tratti più nascosti della ricerca di Primo Levi, chimico prima di scrittore come lui stesso rimarca ma soprattutto intellettuale “organico” nel senso più alto del termine, verso la chiarezza chirurgica e quasi scientifica del discorso sull'uomo, oltre la retorica che lo soffoca e verso la consapevolezza che infine lo dovrebbe liberare. Tutto ciò, opportunamente enfatizzato dagli ambienti scelti per immergervi il suo discorso ed immergerci nella sua parola, lo studio privato per una video-intervista prima, il laboratorio poi e infine la sala consiliare come luogo istituzionale principe per tentare una elaborazione condivisa e comunitaria. Luoghi che invece di produrre una alienante distanza dalla percezione estetica, ne enfatizzano la capacità di traslazione e metamorfosi dalla apparenza alla realtà, e dunque alla sincerità che sovrappone vita e teatro. Un lavoro intenso, coinvolgente a tratti commovente e, proprio per la sua inusuale prospettiva storica e storicizzante, di straordinaria, purtroppo di nuovo, attualità. Una attualità che le parole di Primo Levi ripropongono come un incessante ammonimento, perché al termine della catena dell'intolleranza sta il lager: “Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alla sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano.”
All'interno di questo sorprendente percorso estetico, Andrea Argentieri, ben diretto da Luigi De Angelis è bravissimo a prendere letteralmente su di sé la figura, mentale e affettiva, di Primo Levi quasi trasfigurando la propria presenza in quella perduta dello scrittore, per recuperarla nel qui e ora, quasi stupito, della scena.
Una produzione E/Fanny & Alexander a cura di Luigi De Angelis, con Andrea Argentieri.
ANIMALE site-specific
Quando la danza appare o vuole essere un prodotto diretto della natura, una sua fioritura quasi, un luogo nascosto alla mente e al pensiero umano, in una trasfigurazione giocata sulla suggestiva assonanza e sovrapposizione dei termini animale e anima. Questo indica la coreografia ispirata allo stupefatta innocenza 'incosciente' dei dipinti di Ligabue, figurative e insieme sonore rappresentazione di luoghi perduti e di un tempo mai percorso. Francesca Foscarini la firma e, per l'occasione, la interpreta scegliendo lo spazio declinante nei pressi di un piccolo bosco. Una efficace interpretazione dai tratti talora vivacemente drammaturgici. Una coproduzione VAN e La Biennale Danza di e con Francesca Foscarini. Drammaturgia di Cosimo Lopalco, musiche originali di Andrea Cera, costumi di Giuseppe Parisotto.
SPORCO NEGRO
Kronoteatro ci aveva abituato a dissacranti rappresentazioni del decadere, privato e pubblico, delle relazioni affettive, ad un teatro di profondità e anche cattivo. Con questa drammaturgia, a firma condivisa, cambia la sintassi, che si incammina nell'ironia straniante, ma non cambia lo sguardo tagliente, questa volta rivolto al tema, attualissimo ma anche pervertito dall'ipocrisia corrente e senza contro-misure, delle migrazioni e del, non sempre sottinteso, razzismo, latente o patente che sia. Ironico cabaret dunque alimentato da robusti e politicamente scorretti luoghi comuni dalla radici lontane ma sempre ben innaffiate. Barzellette, pubblicità e “Caroselli” all'insegna del 'negro' e dunque della diversità e della separazione che vuole, anche oggi, preservare la nostra molto presunta superiorità. Fa anche ridire, per la sintassi comica che guida parola e movimenti, ma fa soprattutto pensare. Una produzione e una drammaturgia dei nostri ospiti di Kronoteatro con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello, per la regia di Maurizio Sguotti e con Bubbacarr Bah, Tommaso Bianco, Alhagie Barra Sowe. Musiche e disegno luci di Alex Nesti, costumi di Francesca Marsella, movimenti di Nicoletta Bernardini. Spettacolo vincitore de “I Teatri del Sacro 2019”.
IO SONO, SOLO, AMLETO
Qualche volta il Teatro sembra voler tentare di negare sé stesso, preso da smania autodistruttiva ed auto-riduttiva, quasi a voler disinnescarne o smascherarne la finzione per rintracciare lacerti di una presunta verità che in esso si nascondono. Marco Cacciola prende quel meccanismo drammaturgico perfetto che è l'Amleto shakespeariano e lo smonta per sovrapporre le membra residue alla realtà dell'esistente, al contemporaneo esserci senza scopo evidente, forse per inverarlo o forse per abbandonarlo definitivamente. È una operazione teatrale dal tratto interessante ma dall'esito non sempre convincente, soprattutto quando la smania di negare il teatro prende il sopravvento si impone una forzata sintassi esistenziale, che vuole essere provocatoria senza riuscirvi del tutto. Meglio i momenti di revisione del testo quando la parola antica è utilizzata per rappresentare la relazione presente, come nella scena finale della preghiera di Claudio, lo zio assassino. Una rilettura in fondo rinnegata nel suo farsi analitico ma con buone suggestioni. Una produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale di e con Marco Cacciola, per la drammaturgia di Marco Cacciola e Marco di Stefano, con testi originali di Marco Cacciola, Lorenzo Calza, Marco di Stefano e Letizia Russo. Audio, live e video di Marco Mantovani, luci di Fabio Bozzetta.
OUTDOOR DANCE FLOOR
Performance estetica, figurativamente e musicalmente assai attrattiva, tra la coreografia e il ballo da discoteca, quest'ultimo forse percepito come inaspettata fucina di movimenti a rappresentazione della modernità. Lo spazio dunque della danza come luogo di attrazione e di respingimento, di relazione e insieme di solitudine, nonché come momento di complessa e condivisa elaborazione, cui alla fine il pubblico è invitato a partecipare. Produzione Chiasma, Roma, ideazione, coreografia e regia Salvo Lombardo, performance Daria Greco e Salvo Lombardo, video Daniele Spanò. Dj set Stigma Rose (aka Erika Z. Galli\Industria indipendente). Luci Luca Giovagnoli, costumi Chiara De Fant.
IL RACCONTO DELLE COSE MAI ACCADUTE
Più che un teatro surreale, quello di Quotidiana.com è qui un vero e proprio teatro della mente, proprio nel senso che il luogo della rappresentazione, il teatro appunto, è la mente stessa di cui i personaggi sono la proiezione, anche nel suo significato psico-analitico, attraverso la quale il ricordo come percezione del sé si rappresenta e invera tridimensionalmente. Lo sguardo verso l'esterno diventa così mera occasione per intercettare suggestioni, o meglio raffigurazioni che la vita e la storia predispone e che noi utilizziamo e consumiamo per costruire identità e relazioni. Cyrano e Nikita sono dunque frammenti dispersi che si organizzano nella memoria per costruire, nella contrapposizione e nella contraddizione, l'identità estetica che percepiamo di noi. Un lavoro complesso, talvolta però incapace di intercettare le emozioni più profonde. Una coproduzione quotidiana.com e Kronoteatro, di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni.
FIRST LOVE
Spettacolo di Teatro/danza che gioca, a mio avviso, sulla dissociazione estetica e percettiva, rimuovendo dalla scena ogni elemento di 'rappresentazione', cioè di finzione, per farne mero contenitore della presenza danzante o recitante, presenza che porta con sé ricordi personali, esperienze e suggestioni, che ripropone così come sono, in quanto tali e senza mutazioni. In questa coreografia i movimenti viaggiano sulle onde (sonore) di una vecchia telecronaca che, come in una traslazione proustiana, riporta al qui e ora sentimenti antichi e formativi, come l'amore per la campionessa di fondo che il giovane danzatore alimentava nel passato. È una sovrapposizione che non convince del tutto e all'interno della quale i movimenti coreografici, pur efficaci ed esteticamente piacevoli, perdono in parte consistenza significante. Nell'epoca della “riproducibilità dell'opera d'arte” di benjaminiana memoria, il lavoro ne propone quasi una variante aggiornata. Produzione VAN 2018, di e con Marco D'Agostin. Suono LSKA, consulenza scientifica Stefania Belmondo e Tommaso Custodero, consulenza drammaturgica Chiara Bersani, luci Alessio Guerra. Co-prodotto da Teatro Sabile di Torino, Torinodanza Festival e Espace Malraux – scène nationale de Chambery et de la Savoie.
PITECUS
Il mondo del duo Rezza/Mastrella è quello che, senza mediazioni, ci circonda, è quello quotidiano dei tick e dei luoghi comuni, delle illusioni (su di sé e sugli altri) che accompagnano instancabilmente delusioni e sconfitte. Sembra un mondo di perdenti verso il quale la prima reazione che ci prende, con le risate che gridano a sovrastare ogni pensiero, è: “non ci appartiene”. Chissà!...La rappresentazione, con la sua sintassi ironica, ci aiuta ad allontanarci ed il riso che produce crea una giusta distanza. È uno spettacolo in cui, inevitabilmente, sulla scrittura, comunque essenziale ad alimentarlo, prevale l'improvvisazione e, qui, ha un po' stupito un certo allentamento di quel fare corrosivo che cerca nel giudizio estetico e drammaturgico la forza per ribaltare consuetudini avvilenti e luoghi comuni imprigionanti, mentre sembrava prevalere una inaspettata assuefazione. Ma in fondo questa sensazione è forse solo la conseguenza del fatto che il mondo grottesco di Rezza/Mastrella pare diventato talmente consueto, avvilente e pervasivo da farci perdere anche la voglia di ridere. Bravissimo come sempre Antonio Rezza a dipanare con la sua incontenibile fisicità la scrittura intelligente di Flavia Mastrella. Produzione RezzaMastrella – La Fabbrica dell'Attore Teatro Vascello, di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, con Antonio Rezza. Quadri di scena Flavia Mastrella, (mai) scritto da Antonio Rezza. Tecnica Daria Grispino.
Lo spettacolo di Rezza/Mastrella ha chiuso il festival ideato e ben organizzato da Kronoteatro, che si è avvalso della collaborazione di Tommaso Bianco (Organizzazione e relazioni esterne), di Alex Nesti (logistica e amministrazione), nonché di Nicolò Puppo, Francesca Marsella, Luca Del Pia, Chiara Giallombardo (ufficio stampa) e Lorenzo Romano. Insieme a loro tanti volontari, efficaci e disponibili, che non possiamo citare singolarmente per questioni di spazio.
Aziende Agricole e Cooperative hanno saputo, come di consueto, accogliere ospiti e pubblico in un ambiente gradevole, creando una piccola comunità che si riuniva nel rito dell'incontro e della cena serale. In fondo realizzando un'ideale di cultura in cui varie anime si fondono a formare un unico strato sociale.