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Sul finire della stagione, quando già, pronte, si intravvedono le prime rappresentazioni autunnali dei teatri cittadini, Opera Prima da un paio di anni, per fortuna e soddisfazione degli amanti del teatro 'nuovo', ma anche di quello 'vecchio', è tornata ad occupare il suo spazio ed il suo tempo particolare e anche molto singolare a Rovigo, ove la Compagnia del Lemming che l'organizza e lo produce vide la luce. Un tempo suo proprio, dunque, ed un luogo singolare che, in un certo senso, ne è un plusvalore, consentendo forse quello sguardo tutto particolare e accogliente che riesce spesso a superare i limiti, talora angusti, della semplice rassegna per diventare condivisione non tanto, o non soltanto, di un progetto e di una tensione, quanto anche, e soprattutto, di una suggestione.
È un festival in effetti, come recita il suo stesso nome, votato prima alla esplorazione e poi alla scoperta di nuovi talami e poi nuove culle del fare teatro, oltre e altrove, oltre l'oblio e la disattenzione e

altrove dalle cosiddette 'istituzioni', riuscendo a diventare man mano anche il luogo della curiosità come modo di guardare il mondo e i suoi oggetti consueti, e come modo di cambiarli esteticamente, slittando e pattinando impercettibilmente.
Così, come una cascata, gli ideatori/organizzatori scelgono le compagnie principali e invitano queste ultime a scegliere altre compagnie giovani, in un modo di coazione, collaborazione e condivisione raro ed insieme evidente. A queste altre compagnie si aggiungono attratte e convocate per Bando apposito.
E se questa è la struttura del festival, il suo spirito è pertanto quello di un incontro artistico multilinguistico e multiespressivo, ove drammaturgia e danza, performance e poesia si alternano, man mano sfumando i confini mentali che abbiamo costruito e in cui sembrano costrette, come in gabbie tenui che spontaneamente si annullano.
Del Teatro del Lemming ha dunque l'anima e lo sguardo ancora aperto, in cui la memoria non distoglie ma stimola e sollecita orizzonti estetici e creativi ancora da immaginare, ma in cui cominciare ad immergersi.
Emerge qui una sorta di doppio movimento che sembra accomunare molti degli artisti presenti, da una parte un tentativo di far traboccare il teatro dalla scena giù alla platea e fino alla piazza, dall'altra lo sforzo di coinvolgere lo spettatore, di portarlo sopra con l'attore, per farlo partecipe, incorporandolo quasi, nella costruzione drammaturgica o performativa.
Questi che seguono gli spettacoli del 13, 14 e 15 settembre.

HAMLET PRIVATE
Performance spettacolo per uno spettatore e un attore, sdoppiato in due luoghi contemporaneamente e ripetuto per dieci repliche ciascuna per sua natura diversa, prima sconosciuta e poi in un certo senso accaduta in quel momento ed in quel luogo. Attrice e spettatore scelgono le proprie carte, coperte proprio come nella vita, e la trama che ne nasce e appartiene a ciascuno sovrappone la narrazione del Principe di Danimarca con la nostra, con effetto alienante e anche dis-velante. Proprio come l'anima del teatro in cui leggere noi stessi nell'altro in scena, e scoprire l'uno e l'altro, diversi ma condivisi. Di Scarlattine Teatro con Anna Fascendini e Giulietta Debernardi. Script e direzione Martina Marti per una produzione Campsirago Residenza. Sezione Generazioni.

ATTORNO A UN TAVOLO
Le Ariette, che sono poi Paola Berselli e Stefano Pasquini insieme a Maurizio Ferraresi, non potevano più stare dentro il teatro, come siamo soliti concepirlo, e dunque se ne allontanarono, ma non sono riusciti però a dimenticarlo. Hanno scelto pertanto di portarselo a casa, o meglio nella loro fattoria di Castello di Serravalle, e di 'parlare' teatro mentre conducevano la loro vita, parlarne o meglio parlarlo sempre. Questo nuovo spettacolo, dal sottotitolo illuminante “piccoli fallimenti senza speranza”, ripropone la loro scelta iniziale e la aggiorna, mentre le tagliatelle sul tavolo prendono forma, con le storie che nel frattempo la vita ha portato accanto a loro. Un gioco che ha la serietà e la profondità che solo il gioco può e sa avere. Teatro o vita? La vita come il teatro o il teatro come la vita, shakespearianemente parlando?. Domanda inutile e superflua per questa suggestiva, concreta e poetica condivisione. La regia è di Stefano Pasquini. Sezione Generazioni.

Q&A (36 questions)
Uno spettacolo di danza che utilizza le parole come gesti e i movimenti come stilemi. Giocato intorno alla possibilità e dunque alla impossibilità eventuale di una comunicazione, di una condivisione che ci appare necessaria ma che ci è sempre più lontana. Così cerchiamo aiuto, nelle 36 domande che lo psicologo Arthur Aron elaborò perché potessimo accendere quella scintilla, prima sul palco e poi nella platea. E la fantasiosa casualità? Ideazione e coreografia di Rachel Erdos, con Matan David, Tomer Giat, Shay Haramaty e Ori Lenkiski. Drammaturgia Nava Zuckerman.  Bando Opera Prima.

GIANNI
Se siamo fatti, in scena e fuori, della stessa materia dei sogni, siamo anche fatti nell'impasto dei nostri ricordi. Caroline Baglioni, già apprezzata per “Non è ancora nato”, ripropone un teatro dell'identità, in cui autobiografia e creatività si confondo e si miscelano in una materia estetica del tutto nuova. Gianni è uno zio improvvisamente comparso ed altrettanto improvvisamente scomparso, malato di una malattia che gli faceva desiderare gli altri e contemporaneamente gli impediva di raggiungerli. Gianni ha lasciato dei nastri con incisi la sua voce ed un poco del suo essere e la Baglioni lo porta in scena facendosi veicolo di quella voce e di quei lasciti dolorosi, senza però perdersi ma quasi riconquistando sé stessa. Gli oggetti che la circondano, le scarpe in questo caso, di cui fa un uso suggestivo, sostengono la sua presenza scenica, sovrapposta tra maschile e femminile ma mai dispersa. La regia è di Michelangelo Bellani, le luci di Gianni Starapoli. Opera Prima, spettacolo segnalato da Le Ariette.

FAMIGLIA, sul fascismo e altre calamità
Non solo giovani ma anche l'esperienza stratificata e sofferta di chi ha attraversato la vita, con i suoi dubbi, le sue speranze e i suoi errori ed è praticamente rimasto a mani vuote. Un teatro, quello nelle case private ideato dall'argentino Norberto Presta che ha attraversato il teatro come la vita, che non è intimo ma, al contrario, è un mettere in pubblico, qui la storia di una famiglia. Una famiglia in cui la disperazione e l'abbandono hanno deformato le anime. Una famiglia specchio indifeso di una società fascista e abbruttente. Rimasta sola, superstite all'ultimo funerale, Martita fa finalmente partecipi gli altri della sua vita, tra abbandono materno e incesto paterno, e attende risposte che forse mai arriveranno. Di e con Norberto Presta. Sezione Generazioni

LA NELKEN LINE DI PINA BAUSCH
Azione poetica, come viene definita, che ha la capacità di rappresentare icasticamente la semplicità del fluire della vita che la danza, come il teatro del resto, riesce talvolta ad intercettare. È un attraversare la città aperto a tutti, artisti e semplici cittadini che insieme la 'imparano', portando e mostrando i segni delle stagioni che passano e dunque del tempo che scorre, un attraversare ed uno scorrere che 'sono' la vita stessa. Ideata da Marigia Maggipinto che con Pina Bausch ha a lungo lavorato, non è un omaggio ma un vero e proprio lascito.

L'AMORE IST NICHT UNE CHOSE FOR EVERYBODY
Nella morte delle ideologie e in assenza di pensieri 'forti', come in altra occasione recente notava anche Dacia Maraini, spesso gli artisti si avviano in ricerche solitarie che hanno come protagoniste le singole esperienze esistenziali, biografiche o anche generazionali, e in questa loro ricerca senza guida talora sconfinano dalla drammaturgia e dalla estetica nella sociologia. È un desiderio di conoscenza che così si trasforma in una raccogliere e confrontare pensieri, sperando che in essi si nascondano risposte. È questo il caso dello spettacolo del “CollettivoTreppenwitz” che cerca il senso dell'amore per un o una trentenne europea elaborando e assemblando una serie di video-interviste in diverse lingue. Più domande che esiti, più sospensione che suggestione, ovvero ricordando il passato romanticismo, più ragione che sentimento. Scritto da Simon Waldvogel e Thomas Couppey. Con Thomas Couppey, Aurelio di Virgilio, Camilla Parini, Anahì Traversi, Carla Valente e Simon Waldvogel. Regia di Simon Waldvogel. Magari la risposta arriverà fuori tempo, poiché questo è il Teppenwitz, “lo spirito della scala”. Bando Opera Prima.

CONCERTO FISICO
Corpo e voce è questo lo stilema che Michela Lucenti ha scelto per indagare e conquistare, circuitandolo come l'antico cerchio danzante, il proprio spazio nel mondo e il ritmo del proprio vivere e condividere la vita. Questo spettacolo ne è una tappa ulteriore che, come scrive la stessa Lucenti, “ripercorre e ridisegna la sua storia”, nel segno di un amalgama sonoro che richiama tonalità berlinesi. Eccellente nella gestione del corpo e del movimento la Lucenti ha talora bisogno di ritrovare il contatto con una affettività ed una spontaneità che possiede ma che sfugge. Una produzione Balletto Civile e Festival Resistere e Creare, creato e performato da Michela Lucenti. Assistente alla creazione Maurizio Camilli, disegno sonoro live di Tiziano Scali e Maurizio Camilli.  Sezione “Generazioni”.

BONDS
Quella del nodo è una metafora di grande forza estetica che sovrappone suggestioni anche contrastanti e talora contraddittorie, che spaziano dal legame che unisce al groviglio che soffoca. In questo spettacolo diventa non solo contenuto ma anche forma estetica in cui teatro e danza, performance e arte del “bondage” si sovrappongono nascondendosi l'uno all'altra ma svelandosi a ciascuno. La danzatrice prende quasi possesso del suo corpo sulla scena e lo accompagna man mano ad un gioco di rimandi in cui l'assente, il partner che mai compare cioè, il maschile si dipana per contrasto, quasi in negativo. Lo spettacolo diventa così un viaggio intimo, ma artaudianamente crudele, nell'ambiguità profonda del rapporto di coppia e dei sessi, tra legami imposti ed ereditati da cultura e religione e nodi autonomamente accettati quasi a confermare, contro tutti, la propria presenza fisica nel mondo. Un assolo di coppia, potremmo dire, anche angoscioso nella sua crudezza che scopre il segno dissociato della nostra contemporaneità. Incisiva la protagonista, nella danza e nella forza interpretativa. Della compagnia polacca “Teatr a part”. Movimenti scenici e coreografia di Marlena Niestroj, che ne è la protagonista, e di Marcin Herich, drammaturgo e regista. Sezione Generazioni

ROMEO, ROMEO, ROMEO
Interpretazione coreutica drammaturgicamente suggerita e dalle ovvie suggestioni shakespeariane, che trasforma in movimento la dialettica del corteggiamento, scoprendo o meglio riscoprendo nella danza la primaria dinamica della seduzione. Al centro di una scena quasi elisabettiana tre danzatori maschi ed una danzatrice en travesti, a rappresentare l'universalità dei moti della seduzione eroticamente e platonicamente precedenti i sessi, disegnano ironicamente traiettorie di avvicinamento e allontanamento cui il pubblico reagisce costruendo, insieme a loro, lo spettacolo stesso. È una danza molto fisica, quasi atletica, tecnicamente padroneggiata in cui il personaggio femminile, incorporando in sé i contrasti, sembra ricordarci come la nostra contemporaneità tenda ad una uniformità di parabole e suggestioni in cui il femminile va a sovrapporsi e mescolarsi al maschile. La compagnia è svizzero/statunitense e fa riferimento a  Joshua Monten. Spettacolo in coproduzione per la coreografia di Joshua Monten, con David Pallant, Max Makowski, Jasmin Sisti e Jack Wignall. Drammaturgia di Guy Cools. Bando Opera Prima.

MUTA Primo Studio
SOGLIE Primo Studio
Si tratte di due brevi studi presentati uno di seguito all'altro quasi ad enfatizzare consonanze   reciproche. Sono lavori che, ciascuno con la sua sintassi, indagano sul rapporto tra il corpo e lo spazio, tra l'identità e il luogo. Il primo, di danza, di e con Arianna Aragno è il definirsi del corpo dall'informe bozzolo della nostra fantasia. Il secondo, tra musica e drammaturgia di parola, ci parla del margine in cui si raccoglie la vita, la soglia su cui compiere il salto verso ciò che è ancora sconosciuto. Con e a cura di Rossella Guidotti e Daniele Cannella. Si tratta di lavori ancora in farsi ma apprezzabili. Entrambi segnalati per Opera Prima dal Teatro Valdoca.

NOSTALGIA DELLE COSE IMPOSSIBILI
Dunque è questa la nostalgia che suggerisce e permea la ricerca poetica di Mariangela Gualtieri, che abbiamo spesso incontrato in questa lunga stagione di Festival. La parola poetica, la parola detta ci indica un luogo che non raggiungeremo mai ma che possiamo possedere ora, qui e nonostante tutto. In questa occasione la Gualtieri cerca la presenza di Cesare Ronconi, che guida con lei il rito sonoro della voce e della melodia al di là della forma stessa, e sceglie l'esibizione all'aperto, quasi a cercare la casualità dell'incontro con chi, passante, è attratto prima dal suo suono e poi dal senso e così si ferma a cercare, per una volta e per un attimo, sé stesso. Di e con Mariangela Gualtieri con la guida di Cesare Ronconi. Per Teatro Valdoca nella Sezione Generazioni.

Il festival è stato arricchito anche dall'intervento di MOMEC_Memoria in Movimento, con una installazione, Soggetti Comuni, che raccoglie gli oggetti importanti che le persone hanno voluto spontaneamente donare, e con un evento, HASTA LA MEMORIA, durante il quale questi stessi oggetti potevano essere scambiati.
Per cercare e promuovere il maggior coinvolgimento possibile poi, nella mattina di Prefestival, al Giardino Due Torri, le compagnie hanno ogni giorno presentato gli spettacoli che sarebbero stati rappresentati. Il giardino si trova al centro della città così che anche il semplice passante poteva venire richiamato dal teatro.
Un  festival, che premia un grande sforzo produttivo ed artistico del Teatro del Lemming e di Massimo Munaro suo direttore artistico.