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In un contesto in cui la tendenza a sovrapporre i linguaggi scenici è talvolta un indice di confusione e di poca chiarezza creativa, i Peeping Tom, gruppo fiammingo di teatrodanza, ha raggiunto un equilibrio raro riuscendo in un amalgama estetico in cui la narrazione scenica trova il modo di esprimersi e di relazionarsi in una sintassi composita, anche contraddittoria, ma sempre straordinariamente unitaria e unificante. Anche in questo spettacolo, del 2004 e da allora riproposto con successo in tutta Europa, drammaturgia della parola e coreusi, performance ed elementi di circo/teatro non si contrastano ma, facendosi l'uno con l'altro contrappunto, riescono a sviluppare una partitura simbolica compatta che va oltre lingue e linguaggi. Appare questo spettacolo, primo di una trilogia sulla famiglia, una sorta di attacco, ma con paradossale nostalgia, al padre, imprigionato quasi nel momento della sua decadenza, quando la vecchiaia e la debolezza del corpo e della mente sembrano trascinare la sua identità oltre gli schemi tragicamente grotteschi di un patriarcato in crisi. Come residui di una memoria che non si padroneggia più, emergono così i lacerti di un

passato che, dentro e fuori di sé, si fa rivendicativo e quasi atroce nella sua lontananza. Il corpo ne è il segno, lo stilema grottesco e tragico esposto al suo destino senza ormai alcun pudore, e senza la poesia che vi rintracciava dolcemente Pina Bausch, un corpo che insieme al suo potere ha perso anche la sua bellezza.
La vita ormai è come la sala di aspetto di una casa di riposo, traversata ed agitata dai ricordi di una esistenza  che, come mulinelli danzati e danzanti, prendono forma nel fluire di un tempo che sembra ormai in punto di fermarsi, per poi in un attimo scomparire. Metafora ormai stanca della vita, la sala addobbata per una festa con orchestra e canzoni, sembra riproporre i momenti salienti di quella vita, della nostra vita, ma come virati in negativo.
Uno spettacolo dai molti linguaggi e dunque multiforme, quasi mutante nelle sue continue metamorfosi, nell'alternarsi continuo di recitazione, musica, danza e circo, e che da modo alla compagnia di proporsi in tutte le sue capacità tecniche e artistiche, che sono, entrambe, notevolissime.
La cifra, che lo caratterizza, più grottesca che ironica, riesce, infine, a creare una sintonia inaspettata con il pubblico, quasi stupito di essere trascinato dentro una narrazione che sembra già inaspettatamente appartenergli.
La drammaturgia è collettiva, per la regia di Franck Chartier e l'assistenza, per entrambe, di Gabriela Carrizo.
Bravissimi gli interpreti: Leo De Beul, Marie Gyselbrecht, Hun‐Mok Jung, Simon Versnel, Maria Carolina Vieira, Yi‐Chun Liu e Brandon Lagaert, con la collaborazione di Eurudike De Beul, cui si affiancano i finti ospiti dell'ospizio, altrettanto bravi.
Assistenti artistici Seoljin Kim e Camille De Bonhome. Musiche e arrangiamenti Raphaelle Latini, Ismaël Colombani, Eurudike De Beul e Renaud Crols. Sound mixing Yannick Willockx, Luci Peeping Tom, Giacomo Gorini. Scene Peeping Tom, Amber Vandenhoeck. Costumi Peeping Tom, Camille De Bonhome.
Produzione PEEPING TOM, Theater im Pfalzbau (Ludwigshafen), KVS – Royal Flemish Theatre (Bruxelles), Festival GREC (Barcellona), HELLERAU – European Center for the Arts Dresden, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Théâtre de la Ville (Parigi), Maison de la Culture (Bourges), La Rose des Vents (Villeneuve d’Ascq), Printemps des Comédiens (Montpellier) con il sostegno di Sommerszene, Szene Salzburg (Salisburgo)
Ospite della stagione del Teatro Nazionale di Genova, al teatro della Corte l'8 e il 9 ottobre. Molto pubblico e moltissimi gli applausi.

Foto Herman Sorgeloos