Nella coincidenza con la XV Giornata Del Contemporaneo, manifestazione nazionale promossa da AMACI e dedicata all'arte contemporanea, e quasi al termine del progetto biennale (Settembre 2018 – Dicembre 2019) dedicato alla morte e al morire, di cui abbiamo già trattato in queste pagine, il gruppo “Dello Scompiglio” sollecita il suo pubblico con iniziative dedicate che appunto proseguono e integrano quel suo più ampio progetto. Se la morte ed il morire continuano necessariamente ad accompagnarci consueti nel tempo collettivo e nelle storie personali, nel linguaggio al contrario si è come verificata una cesura che li allontana dalla percezione e dal discorso di sé, amputando quasi la vita stessa di qualcosa di essenziale che può renderla meglio percepibile, più a fondo comprensibile e soprattutto finalmente giudicabile e così a disposizione nostra e della collettività, piccola o grande non importa, che ci guarda e che ci riguarda. Recuperare al linguaggio il senso della morte attraverso l'elaborazione estetica nelle più diverse forme e attraverso la prassi artistica nei suoi molteplici e anche contraddittori esiti ci sembra quello che guida la ricerca, che
ancora una volta si fa evidenza concreta in opere e installazioni, dello Scompiglio che ha anche, allo scopo, promosso varie “residenze” ed un bando cui hanno partecipato circa cinquecento progetti dalle più diverse espressioni, italiani e stranieri.
Affascinante e insieme eterodosso pensiero, anomalo se vogliamo nelle sue dirette manifestazioni e complesso nella sua evoluzione e percezione, apparentemente fuori dal flusso delle tendenze contemporanee ma in realtà profondamente radicato in un rapporto tra sentimento e morte e dunque tra arte e morte che costituisce una tra le essenziali operatività estetiche.
Figurative ma anche drammaturgiche, in quanto capaci di raccogliere e rendere disponibili i miti e soprattutto i riti della morte, o meglio i riti con i quali affrontiamo, per esorcizzarlo elaborando il lutto o per preservarlo, il sentimento forte della morte, in bilico sempre tra dolore e sollievo, tra presenza e assenza, tra identità e oblio.
Per questo “L'associazione Dello Scompiglio”, con il suo Direttore Artistico Cecilia Bertoni coadiuvata da Michela Giovannelli entrambe membri fondatori, ha concepito e messo a disposizione un percorso tra arti performative, installazioni permanenti e nuove, teatro, in cui cercare di ripercorrere il rapporto con la morte e il suo significato, collettivo oppure mitico, mistico o agnostico, celebrativo ovvero privato, elaborato oppure censurato, intimo o esteriore.
A partire dalle installazioni della stessa Cecilia Bertoni, la permanente “Camera #3” insieme a Claire Guerrier e con Carl G Beukman, , luogo del ricordo e dell'abbandono ovvero dell'impermanenza di ciò che ci appartiene e via di fuga dal corpo e dalla sua pesantezza, e la nuova “Camera #5” con il suono di Carl G Beukman, in cui la morte si fa esplicito sudario che raccoglie il lascito testamentario di ciò che non esiste (più?).
E poi, passando alle arti visuali, il documentario “Diamanti” di Miriam Gili, non tanto un docu-fiction quanto un documentario non-fiction come del resto si autodefinisce, durante il quale ci viene mostrato come, su ordinazione e questo è già di per una paradossale interferenza economica sulla “morte”, una Società svizzera dal suggestivo nome di “Algordanza” (ricordo in lingua romancia) produca per i superstiti diamanti dalle ceneri o dai capelli del “caro estinto”. Un documentario sperimentale, sintatticamente efficace, che mostra e dimostra un surrogato della morte, necessario alla sempre più diffusa incapacità di vivere e ripensare un lutto, il lutto che però inevitabilmente accade.
Il Gruppo milanese Effetto Larsen, diretto da Matteo Lanfranchi, tra l'altro diplomato alla Accademia Paolo Grassi, da parte sua, ha inaugurato, e resterà fino al 27 ottobre, “After/Dopo” una meccanismo che definire installazione è riduttivo e chiamare arte performativa è incompleto. Si tratta, a mio modo di vedere, di una vera e propria macchina drammaturgica per così dire 'concava', fatta cioè non per produrre teatro ma per accoglierlo e contemporaneamente concepirlo attraverso lo spettatore protagonista. Non dunque un percorso dal fuori della narrazione al dentro della percezione, ma viceversa dall'interiorità del sentimento, anche non conscio, all'esteriorità della creazione estetica. In effetti lo spettatore è invitato ad un percorso, predisposto dagli artisti ma che però riguarda in tempi e modi solo lui e la sua più nascosta identità, che dovrà ricomporsi attraverso i luoghi dell'installazione per narrare, attraverso le sue risposte e i suoi giudizi, l'opera medesima che è dunque in continuo e libero farsi. Ciò che più colpisce è che, nel percorrere lo spazio e il tempo della installazione, si comprende che la morte soggettivamente e collettivamente sia rimasta una delle poche cose che sfugge al contemporaneo processo sociale di omologazione che tutto soffoca dentro e fuori di noi. Forse proprio per questo è censurata. Questo “progetto su ciò che resta” in un certo senso la libera e la rende singolare, esclusiva per ciascuno di noi e insieme partecipata, così liberando, nuova pietra di paragone, anche il nostro stesso pensiero cosciente e incosciente. Ideazione e direzione artistica Matteo Lanfranchi. Sound design e direzione tecnica Roberto Rettura. Allestimento e visual Paola Villani. Assistenza Laura Dondi. Organizzazione Isadora Bigazzi. After/Dopo è prodotto e sostenuto da In Situ Act project, co-finanziato dal programma Creative Europe dell’Unione Europea, La Strada (Graz, Austria), Pergine Spettacolo Aperto, Danae Festival, Associazione Culturale Dello Scompiglio. È un lavoro che sta raccogliendo molto interesse soprattutto all'estero ove è, rispetto al panorama nazionale, più richiesto e anche seguito.
Infine una performance scenica vera e propria, l'opera di teatro/danza “FM [featuring mortuum]”. È certamente un lavoro molto 'pensato' ma però anche dalle ambizioni significanti che sembrano andare ancora ben oltre i mezzi estetici e la strumentazione artistica, in senso sia tecnico che creativo, del gruppo interamente al femminile che lo ha ideato e prodotto. Il linguaggio coreutico appare infatti inadeguato e lontano da un nucleo simbolico efficacemente percepibile, rimanendo chiuso in un mondo linguistico e segnico isolato e distante. Vengono così a perdersi, nonostante l'impegno encomiabile, le corrispondenze tra il corpo immobile sulla scena (la morte fisica resa evidente nella finzione) e le danzatrici che lo tormentano quasi a carpirne un segreto, e dunque le suggestioni che tale relazione dovrebbero dinamicamente sprigionarsi. Freddo e distante, nella sua forse fin troppo raziocinante interrogazione sulla morte come evento contemporaneamente scenico ed esistenziale, non intercetta mai fino in fondo l'interesse ed il giudizio del pubblico. È il progetto vincitore del bando della morte e del morire. Ideazione e direzione artistica Cristina Planas Leitão.
Interpreti e creazione Cristina Planas Leitão, Valentina Campora, con la partecipazione di Daniela Cruz. Light design e direzione tecnica Cárin Geada. Musica originale Flávio Rodrigues. Suono Cristina Planas Leitão. Tecnico del suono Pedro Lima. Cconsulenza drammaturgica Victor Hugo Pontes e Joana von Mayer Trindade. Produzione bactéria / Teresa Camarinha, coproduzione Teatro Municipal do Porto (PT) – Festival DDD; in collaborazione con Centro de Arte de Ovar, Câmara Municipal de Ovar (PT). Sostegno alla produzione Secretaria de Estado da Cultura / Direção Geral das Artes; Fundação Calouste Gulbenkian (PT) – Programa de Apoio à Criação; Fundação GDA Direitos dos Artistas. Rresidenze e contributi Dance Ireland (IR); Dansateliers Rotterdam (NL); Centro Culturale di Ílhavo / Câmara Municipal di Ílhavo (PT); TNSJ (PT); O Espaço do Tempo (PT) / projeto Conquering the studio: a time for research /Companhia Instável con Victor Hugo Pontes (PT); Universidade do Porto (PT); Instituto Politécnico do Porto (PT)