Il participio passato del verbo essere? E l’apostofo? Ah la vecchia cara grammatica, fatta di regole da rispettare, nomi tecnici da ricordare e tanto forbito lessico. Nicola Stravalaci interpreta un surreale professore che, in memoria della compianta maestra Spanç che tanto gli insegnò, rende edotto il pubblico in sala di bizzarrie grammaticali e regole del parlare nazionale. Il pubblico è chiamato a partecipare allo spettacolo, lo spazio della scena è sempre più fuso a quello della recitazione e così si ride, si canticchia e si balla pure, sul filo conduttore della grammatica e dell’imbarbarimento procurato dai tempi moderni. Il teatro si fa gioco, scherza su se stesso, pare non prendersi sul serio, finge di costruire pillole di pièce per timorosi del teatro impegnato. Forse un tempo questo sarebbe
stato teatro di serie B, ora non più. Questo modo di costruire il teatro - così succinto nei suoi sessanta minuti, così destrutturato con la scena semplificata e un solo attore, così indistinto nello spazio d’azione di spettatori e attori – è teatro anch’esso. Nell’epoca delle serie tv in cui la narrazione si condensa, molto teatro contemporaneo ha saputo trarne ispirazione per nuovi linguaggi più veloci. Nuovi pubblici si affacciano in sala e per giunta in questa pièce la qualità resta alta grazie al tocco di Stravalaci e alla regia di Francesco Frongia. Simpatico e divertente.
Teatro Elfo Puccini
Corso Buenos Aires 33, Milano
Fino al 24 novembre
Con Nicola Stravalaci
Regia di Francesco Frongia
Foto Laila Pozzo