A metà strada tra la tradizione del teatro del narratore e l'ambizione dell'attore/autore che con sé stesso recita la realtà, questo intelligente spettacolo di Daniele Parisi, secondo di tre in tournèe a Genova, è capace di uno sguardo acuto sull'esistere contemporaneo, sulla sua solitudine talvolta tragica declinata in ironia e anche invadente comicità. Una narrazione partecipata ma insieme disincantata che ben padroneggia, senza lasciarsene travolgere, le sintassi da cabaret che la guidano, anzi direi da varietà d'antan quando l'attore sulla scena era capace di farsi parafulmine del disagio e dei difetti altrui, quando riusciva con sfacciata abilità a fustigarli e a mostrarceli. Daniele Parisi non si risparmia e accetta di portarsi in groppa una tradizione lunga e complessa, che la
declinazione romanesca della sua scrittura scenica tradisce, con molti interpreti attuali e che man mano risale, suggerendola quasi, fino al maestro Ettore Petrolini.
È, infatti, quello che con sagacia dipinge, un mondo che crede sempre meno in sé stesso, finge di innamorarsi ma ha una tremenda nostalgia di sentimenti che sembra aver dimenticato, un mondo di tic e riflessi condizionati da televisione e rete, di luoghi comuni di cui e con cui ridiamo di gusto per rimanere poi con l'amaro in bocca.
In esso storie e individui si sovrappongono fino a confondersi, uomini e donne con radici superficiali e incapaci di fruttificare, alle prese soprattutto con sé stessi e con il proprio ego sempre incerto.
Un mondo in cui, come scrisse appunto Petrolini, “il far conoscere qualche miseria o qualche vizio del popolo non corrompe mai una persona sana; un animo sano si corrompe più facilmente con le splendide apparenze della virtù, e non con la nudità del vizio”.
Uno spettacolo ben ideato e ben fatto, rapido e quasi 'fuggente' nella sua rapidità. Una prova di recitazione efficace.
Di e con Daniele Parisi, alla Sala Campana del Teatro della Tosse, l'11 gennaio. Il pubblico, molto coinvolto, ha apprezzato.