È, quella di quest'anno del tradizionale appuntamento estivo di Albenga, una edizione di sopravvivenza ma insieme di speranza, come suggerisce il titolo scelto da Maurizio Sguotti, Tommaso Bianco e gli altri componenti di Kronoteatro, titolo dalla doppia valenza a seconda che si prediliga, in senso proprio, l'accentuazione in lingua, cioè “Scampàti”, ovvero quella sdrucciola del dialetto della riviera di ponente, e cioè “Scàmpati” che sta per divertiti, finalmente, svagati. Una edizione necessariamente ridotta, per sole due giornate e per quattro spettacoli complessivi (più concerti di accompagnamento), ma non per questo meno intensa e inoltre propedeutica, quasi a dire “ci siamo e continueremo ad esserci”, alla nuova stagione che sarà e sarà comunque diversa per spazi e situazioni. Danza e Teatro di ricerca, come nella cifra del Festival tra le serre della piana, che si arricchisce anche di una nuova 'residenza', una cifra feconda che, per le sue stesse radici ed i suoi
spazi concreti, coniuga rinnovamento con continuità. L'1 ed il 2 Agosto, dunque, questo il breve resoconto.
PORPORA – Simona Bertozzi
Studio coreografico presentato in prestazione singola ma destinato, a quanto appreso, ad essere interpretato da più danzatori. Sconta forse queste stimmate di incompletezza, che impedisce di inquadrarne compiutamente gli orizzonti coreografici, peraltro ben accennati e suggeriti in una presenza sempre suggestiva in corpo e movimento. Anche questo lavoro, insieme ad altri visti in diversi Festival, mi sembra, un tassello ulteriore di quella che appare una involuzione della coreografia contemporanea, che “non ti guarda più” impegnata come è, anche con sofferenza se vogliamo, a guardare sé stessa. Se ne coglie pertanto la distanza, soprattutto linguistica, residuo di una perdita progressiva di senso che, benjaminamente ricordando, scivola dalla parola allo stesso corpo in movimento, come di sentieri che divergono. Un assolo che rischia così di sottolineare la solitudine in scena come metafora della solitudine contemporanea, una solitudine talora rumorosa ma sfuggente. I richiami figurativi rimangono così incompiuti e la bellezza del gesto o il vigore dello slancio un po' si perdono. Da giudicare compiutamente, penso, nella prossima, definitiva e collettiva versione.
Appunti di azione coreografica di e con Simona Bertozzi. Musiche Brian Eno e Gustav Mahler. Produzione Nexus 2020 con il contributo di Mibact e della Regione Emilia Romagna e con il sostegno di Almastudios Bologna.
CALCINCULO – Babilonia Teatri
Un nuovo interessante approdo della ricerca di questo giovane gruppo del Veneto, luogo sintetico di certa modernità politica da centro commerciale, capace di sapientemente mescolare i linguaggi contraddittori della contemporaneità, quasi a squarciare come una quinta colonna il velo della virtualità che copre e surroga esistenze ferite nella folle corsa di una società che è più che mai indotta a credere solo al denaro. Qui il mondo è declinato ed interpretato come una sfilata ripetuta, di uomini o animali non importa, sfilata in cui la reiterazione conta più della significazione, sostituendosi ad essa e al nostro giudizio. Doppiato, con perdite, il secolo della riproducibilità dell'opera d'arte ci ritroviamo con l'apparenza, apparenza di senso e di sentimento, vuoto di giudizio e di speranza in cui le figure tradizionali della nostra identità, a partite dalla famiglia e dalla relazione, sono definitivamente esplose, o meglio implose su sé stesse. Talk show o talent, non importa, la verità è altrove anche quando sembra, come in questa ironica peripezia, occupare la scena. Ormai c'è ancora spazio per la verità o almeno la sincerità, forse solo sulla scena, a ricordarci che l'estetica è da sempre sorella dell'etica. Uno spettacolo ben costruito anche linguisticamente, tra musica e ironiche divagazioni poetiche, frammenti di una identità che comunque è là fuori, da qualche parte.
Di e con Enrico Castellani e Valeria Raimondi e con Luca Scotton. Musiche Lorenzo Scuda. Direzione di scena Luca Scotton. Scene Babilonia Teatri. Una produzione Babilonia Teatri, La Piccionaia. Coproduzione Operaestate Festival Veneto.
Questa prima giornata è stata accompagnata al pianoforte dal bravo musicista Luigi Ranghino, che da un angolo è stato capace di riempire di sé l'intera platea.
PRIMITIVA – Manfredi Perego
Anche questa coreografia appare il segno di un percorso a ritroso che sembra impegnare la danza contemporanea alla ricerca di un movimento originario, anzi dell'impulso originario capace di separare e distinguere l'umano, e dunque il corpo che lo custodisce, dal suo ambiente, così da poter separare e identificare contemporaneamente l'uno e l'altro. Primo passo di una identità che dovrà farsi linguistica e quindi, nel contesto, drammaturgica. Quasi una danza prima del suono e per questo improvvisamente produttiva del suono e della parola che in esso si deposita. Spettacolo interessante ma, anch'esso, talora freddo.
“Origine di impulsi sconosciuti creati da noi”, coreografia e danza di Manfredi Perego. Musiche di Paolo Codognola. Luci Giovanni Garbo. Produzione TIR Danza in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e con numerose altre collaborazioni.
SIEDE LA TERRA – Maniaci D'amore
Spettacolo in prima nazionale, appositamente creato per il Festival in quanto esito di un laboratorio/residenza ospitato ad Albenga da Kronoeatro. Ma piuttosto che una prima, una vera e propria ante-prima con qualche enfatizzazione. Naviga il confine che divide, ma soprattutto sovrappone la realtà dalla sua rappresentazione o distorsione (“La calunnia è un venticello!!”), lo fa cercando l'ironia del vero che spesso si nasconde nel grottesco, ma talora appare didascalico nell'illusione, un po' psicologizzante, che confine e differenze siano sempre ben disegnate. Si perde così la percezione della fluidità che caratterizza il nostro tempo in cui discernere tra bene e male, tra chiaro e scuro, è assai complicato, allorquando il giudizio è talora pervertito da luoghi comuni, maschere e le nuove verità (?) del politicamente corretto. Scritto con efficacia dunque ma anche un po' stereotipato, scivolando la verità sull'apparenza e viceversa e rischiando di celare invece di rivelare. Efficaci i due protagonisti. Uno spettacolo divertente, qualche volta in eccesso.
Di e con Francesco D'Amore e Luciana Maniaci (accompagnati alla fine da due guest star inaspettate). Oggetti di scena e costumi Francesca Marsella. Disegno luci Alex Nesti. Produzione Manici D'Amore/Kronoteatro.
Questo secondo giorno è stato accompagnato dalle interessanti musiche del gruppo milanese “Magical Faryds”, parte di un progetto di ricerca musicale (tra sonorità orientali e africane in salsa psichedelica) degli “Al Doum And The Faryds”.
Questo quanto, a riprova della qualità delle scelte di questo Festival un po' decentrato rispetto ai tradizionali circuiti, ma creativo appunto, e fantasioso anche nell'apprestamento e adattamento di luoghi eterodossi. Tra l'altro è stata interessante la soluzione trovata per non contravvenire le disposizioni sanitarie. Due palchi contrapposti in un unico spiazzo. Alla fine del primo spettacolo, girare le sedie di 180° ed entrare nel secondo. Il pubblico presente numeroso, posti esauriti e lista di attesa per eventualmente entrare in sostituzione di pubblico rinunciante.