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Il mondo della politica, e quello dei tanti Comitati Tecnico Scentifici, sembra preso da una strana  coazione a ripetere, pur comprendendo l'esigenza generale di intervenire a difesa della salute e della vita, e non appena la curva dei contagi sale chiude i cinema, i teatri, le sale concerto e tanti altri luoghi di cultura appena ripresisi dal precedente lockdown, inspiegabilmente equiparati ad anonime e, quelle sì, dannose sale giochi, bingo e scommesse diverse. Tutto questo dopo che teatri, cinema e altri luoghi di cultura hanno saputo con prontezza adeguarsi alle nuove condizioni, investendo in sicurezza e applicando i protocolli, così da poter ripredere produzioni e progetti nella dovuta e piena tutela della salute, pubblica e del suo pubblico. Impegno commendevole ma evidentemente inutile di fronte a tanta 'perseveranza'. Forse nessuno dei tutori della salute ha potuto o voluto mettere più piede in un teatro o in un cinema, perché, se l'avesse fatto, non avrebbe potuto non accorgersi che, in

questo periodo, proprio i teatri sono diventati luoghi della sicurezza e della tutela, dei lavoratori e degli spettatori, mentre si tralasciava ogni controllo su ben altri assembramenti.
Ora tutto questo rischia di essere perduto a causa di una chiusura che può essere l'ultima, esiziale per molti artisti indipendenti e per molte piccole e ricchissime realtà dello spettacolo, prima di scivolare in un limbo da cui potrebbe essere lungo e difficile, o addirittura impossibile, risalire un'altra volta.
Di fronte a questo pericolo, credo, gli intellettuali italiani dovrebbero riprendersi dal torpore che sembra avvolgerli in questi tempi oscuri e rivendicare il loro ruolo e il loro posto nei luoghi dove si prendono le decisioni politiche, o almeno in quelli in cui queste scelte si possono condizionare o condividere, come i giornali ad esempio. Forse si potrebbero evitare o rendere più coerenti decisioni che oserei definire sciagurate.
Infatti non si tratta solo di difendere reddito e dignità dei tanti lavoratori dello spettacolo, come in molti per fortuna si cerca di fare, ma si tratta soprattutto di preservare il ruolo di medicina per lo spirito di ogni cittadino, e dunque per quello della Società, che  l'arte, nelle sue diverse forme ma in particolare attraverso i cosiddetti spettacoli dal vivo, è in grado di svolgere.
Che sia questo a infastidire? Non voglio pensarlo ancora, anche se la leggerezza di certe decisioni che riguardano l'arte senza coinvolgere chi l'arte fa, di arte vive e chi, noi tutti, di arte si nutre lo fa sospettare.