Potrebbe sembrare una notizia secondaria, da una provincia un po' periferica e che raramente raggiunge, come si dice, gli onori delle cronache, nonostante una vivacità culturale e artistica interessante, diffusa ma quasi sempre sotto traccia. Parliamo di Savona, città ligure di notevole tradizione teatrale, una tradizione racchiusa e ormai quasi esaurita nel famoso teatro ottocentesco Gabriello Chiabrera, un gioiello prevalentemente dedicato all'opera lirica, quella 'buffa' in particolare, ma con una buona stagione di ospitalità, ora ovviamente interrotta. Ma Savona vantava anche una altra struttura, più recente ma anch'essa prestigiosa, il Teatro degli Scolopi di Montebruna, passato negli anni 80 dall'Ordine ad un privato, ma chiuso da allora in perenne e mai completata ristrutturazione, una ristrutturazione piena di errori e di ostacoli. Ora gli eredi dell'ultimo proprietario hanno deciso di venderlo in blocco, ma celandolo e trasformandolo in non meglio definita “struttura produttiva”, con un
anodino e anonimo annuncio nelle varie bacheche immobiliari. Prezzo di offerta 1.500.000 euro. Così una sala da 600 posti, due ordini di gallerie ed un soffitto affrescato negli anni 20 del novecento, è diventato un candidato ideale a qualche centro commerciale con annessi posti macchina o garage, ovvero il luogo ideale per una speculazione residenziale tra mini-appartamenti e residences vari.
Qualcuno per fortuna se ne è accorto e ha interpellato le istituzioni e le realtà artistiche della città, peraltro quasi tutte di piccole dimensioni. Sapranno le une e le altre, strette dalle solite carenze di denaro, avere la fantasia necessaria e la forza sufficiente per salvare quella struttura e il suo ruolo genetico?
Arriverà magari l'aiuto delle ben più grandi e prestigiose istituzioni teatrali della vicina Genova? E, infine, la sovraintendenza avrà voce in capitolo?
Non lo sappiamo, anche se l'ottimismo, quello della volontà in particolare, sembra essere a Savona come altrove merce rara quando si tratta di cultura.
Certo è che di “Centri commerciali” ce ne sono abbastanza e uno di meno non farà la differenza, mentre dei teatri l'assenza pesa e si fa sentire sulla salute di una comunità, perchè in teatro si pensa e qualche volta si costruisce il proprio futuro.
Più che una petizione di principio, questo mio è un appello affinchè non vada persa l'ennesima occasione, perché, per rispondere alla domanda del titolo, la cultura proprio si mangia, è cibo principe della mente e dello spirito.