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Prova impegnativa quella di Andrea Liberovici che, per la prima volta, si cimenta direttamente con la scrittura teatrale, sorta di struttura progettuale attorno a cui costruire una drammaturgia multimediale e plurilinguistica quale è questa sua Operetta in Nero, prodotta dal Teatro Stabile di Genova ed in cartellone al teatro Duse dal 15 marzo, esordio nazionale, fino al 3 aprile

La drammaturgia, che si è avvalsa per il testo della collaborazione di Luca Ragagnin, è diretta dallo stesso Liberovici che cura anche le musiche, di alto livello come nelle tradizionali sue corde, ed i video proiettati, con intriganti effetti insieme di spaesameno ed ironia. Le scena è affidata a Lucia Goj, che sembra riuscire a efficacemente distribuire nello spazio il senso profondo della narrazione, mentre la scenografia luminosa è del bravo Sandro Sussi. In scena Federico Vanni e Vito Saccinto, che confermano qualità attoriali indubbie e capacità di articolazione del personaggio, insieme all'americana Helga Davis, cantante dalle capacità vocali interessantissime. Tutto intorno a loro la voce, insieme inquietante e affascinate, del narratore Robert Wilson e le improvvisazioni (registrate) del violoncellista Jeffrey Ziegler. Tra l'altro le musiche sono il frutto di una specifica produzione con collaborazioni che, per mere ragioni di spazio, siamo costretti ad omettere. Un futuro oscuro, che si articola tra i meandri delle nostre profonde paure in un inconscio torbido perchè privo di elaborazione 'affettiva', ed i percorsi di una storia priva di spirito e conoscenza di sé che produce decadenza e tragedia, in un rimpallarsi tra interno ed esterno, tra interiorità e relazione, occupa da subito il palcoscenico. Due identità residuali, il Generale ed il ragazzo Bolla, vi si confrontano, quasi a rendersi reciprocamente ragione dei percorsi e degli esiti di un così tragico epilogo della storia e dell'umanità. Impediti ad una qualsiasi reciproca relazione vengono dunque narrati dal fantasma Mephisto/Helga Davis. Fabula ispirata quasi agli interrogativi del Faust goethiano, che in effetti lascia emergere infine, da questo inattuale triangolo, una speranza di identificazione e conoscenza, il bene, cioè, comunque incorporato o meglio traghettato dal male, come scrive lo stesso drammaturgo. Narrazione in sostanza di grande contemporaneità, e anche di attualità 'immediata', che sa intercettare, nella sua  articolazione, i fermenti che agitano le società moderne, nelle quali la moltiplicazione delle informazioni, guidata e piegata alle esigenze di un capitalismo a volte 'feroce', produce non più consapevolezza e quindi più libertà ma, paradossalmente ma non tanto, meno consapevolezza ed un drastico contenimento della libertà, individuale e collettiva, così da rendere prossimi i peggiori timori di tanta critica marxiana. Drammaturgia dunque, dal forte impatto visivo e soprattutto musicale che trova in queste due corde tradizionali per Liberovici il veicolo più affascinante ed anche efficace di comunicazione di senso e di relazione con il pubblico. Interessante, peraltro, anche la partitura letteraria che dedicata a Sanguineti, a dichiarazione dello stesso autore, ne è pure, in un certo senso, ispirata nell'articolazione sintattica e nella poetica polisemantica che la caratterizza, peraltro un po' appesantita da reiterazioni e cesure violente che talora ne spezzano il ritmo e ne disattivano le capacità di suggestione e le corrispondenze, creando parziali disarmonie e rendendo così in qualche momento  involuta la comunicazione e la relazione tra testo e sonorità. La reazione del pubblico presente dà infine ragione all'impegno del drammaturgo e dei protagonisti chiamati più volte al proscenio.

foto M.Norberth