Doveva essere una delle opere presentate nella Rassegna di Drammaturgia Contemporanea del Teatro Nazionale di Genova lo scorso anno, è diventato una sorta di master della sua Scuola di Recitazione in attesa, causa pandemia, di una rappresentazione futura, auspicabile anche se non certa. La sala di aspetto di una Agenzia che curerebbe le assunzioni di una grande Impresa Cinese avviata, come altre e come altre specchio di grandi aspettative, sull'altro capo della Via della Seta, cioè noi. Giovani in attesa, ove l'attesa, da situazione contingente, sembra ormai diventata stato permanente in una Società come la nostra incapace di valorizzare e proteggere in qualche modo i suoi talenti, quasi una anzi la “condizione umana” di una intera generazione. Esposti come in uno zoo i personaggi sembrano così esperire, loro malgrado, la parte peggiore di sé, trascinata in una competizione falsata in cui il potere vero c'è ma non si vede, filtrato dalle ambigue proiezioni che lo rappresentano. Queste manifestazioni si fanno così un po' alla volta
più parossistiche e più violente tra desideri inespressi e sessualità insicure, mal contenute ed elaborate come sono, e rischiano di esplodere oltre la scena mentre implodono nei personaggi e nella sofferenza che producono dentro di noi. Ma è solo un sogno, il colloquio della giovane addormentata è rinviato ad un domani forse uguale all'oggi.
Una drammaturgia che può definirsi, con termine ormai un po' abusato, distopica ma non tanto in senso temporale cioè collocata in un futuro atteso, piuttosto in quanto collocata a lato del tempo nostro, in un oggi concreto e reale che si ribalta nella metafora di sé stesso, e dunque in ciò, purtroppo, ancora più oscuro e disperato.
Come se per essere consapevoli di ciò che siamo, o saremo o rischiamo di diventare, fosse necessario uno spostamento, un transito attraverso il sogno, quasi a proiettare e, da un inconscio tormentato, poter prendere nuova consapevolezza delle angoscie che comunque ci turbano.
Interessante esempio di drammaturgia del testo, tra gli anglosassoni e Paravidino, è capace di ben sfruttare anche i linguaggi del corpo, quasi che i movimenti e le accennate coregrafie in scena sapessero intrecciare una trama alternativa, ma coerente, di senso.
I giovani attori sanno stare nel personaggio, ponendosi quasi di fronte alla parte che recitano pur senza sfruttare a dovere gli spazi dell'ironia prima che quasta precipiti nel grottesco che domina quasi incontrastato la sintassi scenica.
La regia di Simone Toni è di qualità, capace di illuminare nel transito scenico il testo nei suoi anfratti, anche se talora certi meccanismi di metateatro (la sala improvvisamente illuminata con spettatori rumorosi, le uscite direttamente sulla strada quasi a richiamarci costantemente alla realtà) non sono del tutto efficaci.
In attesa di un suo possibile ma indefinito esordio è stata mostrata agli operatori e alla critica, alla Sala Mercato di Genova Sampierdarena, con tutte le attenzioni e le misure previste, nel pomeriggio del 14 aprile.
Di Bruno Fornasari, con la regia di Simone Toni. In scena Michele De Paola, Rita Castaldo, Vincenzo Castellone, Marion Constantin, Mirko Iurlaro, Sam Nazionale, Carolina Shadi Osloobi, Carolina Rapillo, Rebecca Redaelli, Marco Rivolta e Piergiorgio Tacchino, i bravi e appena diplomati allievi della Scuola di Recitazione.
Una produzione del Teatro Nazionale di Genova.