Cosa cerchiamo quando andiamo a teatro? Cosa cerchiamo davvero, al di là di una semplice, puntuale, ricreazione? Probabilmente solo immagini d’umana autenticità, immagini in cui possiamo se non rispecchiarci quantomeno cogliere varchi di senso e frammenti d’autenticità. Domanda e risposta che possono apparire banali certo, soprattutto nel contesto di una recensione
che viene pubblicata e letta nel nostro sito, eppure crediamo che possano esser seriamente motivate se poste a margine di uno spettacolo di un maestro. Una tangibile dimensione d’umana autenticità è quanto infatti non manca mai negli spettacoli di Franco Scaldati, il drammaturgo, regista e attore palermitano che, ormai da decenni, rappresenta una della voci più significative del teatro nazionale. Parliamo di Scaldati perché è andato in scena in prima nazionale, venerdì 18 marzo al Bellini di Palermo, il suo ultimo lavoro “Santa e Rosalia”: la produzione, nel contesto di un progetto triennale, è del Teatro “Biondo” Stabile di Palermo, in scena oltre allo stesso regista c’è tutta la “Compagnia Scaldati” che nel suo nucleo storico s’è formata a partire dal celebre laboratorio dell’Albergheria e, seppur con qualche innesto, lavora ancora oggi con ammirevole affiatamento (Melino Imparato, Serena Barone, Massimiliano Carollo, Dario Enea, Davide e Rosario Sammarco, Salvatore Pizzillo, Egle Mazzamuto, Valentina La Duca, Valeria Lo Bue, Salvina Chetta e Roberta Petralia). Si tratta di quadretti, nove in tutto, di vita quotidiana disegnati, o meglio scavati e trovati, da Scaldati con mano poeticissima e affettuosa nel basso di un popolare quartiere palermitano (una caratterizzazione consueta per Scaldati e non solo scenografica ovviamente, ma anche di sicuro spessore poetico e sociale) alla vigilia del “Festino” di Santa Rosalia: due sorelle zitelle, Santa e Rosalia, interrompono la loro quotidianità per fare il consueto pellegrinaggio alla Santuzza e si trovano immerse (letteralmente immerse) nella potenza magica della natura; il vecchio poeta Pietro può finalmente leggere i suoi versi alla Santuzza in persona, ma in realtà è sua figlia che teneramente ne approfitta per mangiare delle fragole al suo stesso tavolo; una ragazza, ancora Rosalia, non vuole proprio maritarsi per seguire la sua vocazione religiosa ma è convinta al matrimonio da una vecchia zia; due amici s’incontrano per un’ultima partita a carte; il lungo, reciproco e timido corteggiamento tra i non più giovanissimi signor Tanino e signorina Assunta finisce in tragedia proprio nel giorno delle tanto agognate presentazioni ufficiali. Apparente semplicità delle situazioni, grande densità simbolica, comicità lieve e surreale, margini di senso che trascolorano o s’infrangono, allusività visionaria e ancora uso del dialetto palermitano nella sua più autentica, ancestrale eppur teatralissima musicalità: elementi ed ingredienti che sono il segno più evidente, quasi classico ormai, della grande esperienza teatrale di Scaldati, questa volta forse solo più mite, più composta e meno tagliente del solito.
Santa e Rosalia
- Scritto da Paolo Randazzo
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