Il sentimento vissuto attraverso la carne, rintracciato e dissodato anche laddove pare mancare ogni luce di consapevolezza e spiritualità, il sentimento che diventa poesia anche tra i rifiuti materiali e non, abbondonati da una Società opulenta forse, ma altrove, che transita sotto le tue finestre come una banda cittadina. Questa la sorta di miracolo estetico che ancora una volta riesce in scena ad una Emma Dante che continua la sua investigazione sulla famiglia, unico anche se degradato luogo istituzionale e di rifugio di tanta povertà soprattutto dello spirito. Come scriveva Schopenhauer “il poeta prende dal groviglio infinito della vita umana, che fugge via da ogni parte in un movimento senza tregua, un'unica scena, anzi, spesso ne estrae soltanto uno stato d'animo o un sentimento, al fine di mostrarci con ciò quale sia la vita e l'essenza dell'uomo”. Tre prostitute che allevano il figlio menomato di una loro sorella morta, forse esito di uno stupro incestuoso e delle violenze di un padre che non c'è, sono le protagoniste di una storia che
ruota sempre più velocemente e si avvita quasi, tra danze stranianti e movenze da marionetta futurista, attorno a un bambino cresciuto senza alcuna consapevolezza di sé e degli altri ma che, come tutti, sogna.
In un ambiente di totale degrado, in un lercio monolocale in cui le tre donne/madri la sera si offrono a incontri osceni riscattati solo dalla loro danza dolente, anche la decisione di affidare quel bambino ormai adulto ad un Istituto è un gesto di amore, il dono di una opportunità, forse, che loro da sole non possono offrire.
“Avrai finalmente una stanza tutta per te, e il riscaldamento e non patirai più la fame” gli dicono, così che quando la banda arriva e lo porta verso quel sogno di paradossale riscatto, lui si allontana felice, e felice saluta ed è salutato mentre si avvicina ad un futuro che non ci viene mostrato.
Costruito sulle cadenze dure del dialetto siciliano, che la Dante ha trasformato in lingua dal forte impatto espressivo, e sui corpi decaduti nella miseria che si riscattano però e si elevano nei parossistici, quasi una tarantella in attesa di una tranche, movimenti coreutici, la drammaturgia ci conduce laddove spesso dimentichiamo di guardare.
Alla fine, mosso e commosso, gran parte del pubblico è in piedi ad applaudire, quasi anche lui volesse seguire quel viaggio.
Uno spettacolo molto intenso e profondo, efficacemente recitato oltre la sola abilità tecnica dei quattro protagonisti, che dà ancora una volta il segno della grande qualità del teatro di Emma Dante che, nonostante l'uso del dialetto, o forse anche per la capacità figurativa di questo ha ormai conquistato i palcoscenici esteri.
Produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d'Europa, Atto Unico/Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo. Regia Emma Dante. Interpreti: Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi e Simone Zambelli: Cristian Zucaro. Ospite del Teatro Nazionale di Genova al Teatro Gustavo Modena dall'8 al 10 giugno.
Foto Masiar Pasquali