Leggere la Storia attraverso la trama delicata del racconto lirico di un sentimento che va oltre il tempo e legandole, salva infine due persone travolte dalla cattiveria di tempi che sembravano scomparsi per sempre, ma, qui e là, riaffiorano. Questa, a mio avviso, è la chiave di una drammaturgia che non si esaurisce nella ora e mezza in cui occupa la scena, ma si dilata e affonda radici forti in un progetto di coinvolgimento esistenziale, di chi non è più e di chi ne conserva come una fiamma, la sua propria fiamma di vita, l'affetto ed il ricordo. Un progetto insieme visionario, come lo definisce la regista Barbara Altissimo, e includente sia dal punto di vista verticale, della memoria da salvare per aprire ad un futuro consapevole, sia da quello orizzontale, facendo di quella memoria un insegnamento per le generazioni dell'oggi e non solo degli esclusi, anzi ancora di più di quelli che si considerano integrati e produttivi, rischiando però di diventare solo omologati. Lo spettacolo ed il progetto che lo custodisce nasce innanzitutto dalla condivisione di una testimonianza di Elena Recanati, giovane donna torinese ed ebrea interpretata da Anna Stante, e di suo marito, dai primi anni di una felicità matrimoniale feconda di un figlio, alla
disperazione del lager, cui solo il piccolo, grazie all'anima pietosa di una suora, si sottrae.
Il tempo della separazione e dello strappo che, però, sembra indurire solo il cuore dei carcerieri, se mai l'abbiano avuto, non quello dei due coniugi che nella intimità affettiva non si perderanno mai. Quel sentimento sopravvive e genera la speranza che ci fa superare la morte e immaginare, al nostro ritorno, che coloro che amiamo siano ancora vivi e felici, magari in America.
Un racconto commosso e commovente, filtrato dalla memoria del nipote Guido Foa, che come nella narrazione biblica si sorprende che anche nell'inferno in terra dei lager, qualcuno possa avere un moto di pentimento e di rigetto, come un nazista che confida di non poter più condividere tutto quel male, prima di essere fatto scomparire.
Forte della bella drammaturgia di Emanuela Currao, la messa in scena della memoria di Elena unisce dunque il passato al presente e anche al futuro, rappresentato da due giovanissime interpreti, Irene Ricciotti e Amalia Scotti, che si segnalano per la grande forza poetica della loro presenza.
La musica dal vivo del bravo Didie Caria apre e sostiene una spazio performativo con la danza di Tommy Crosara che man man coinvolge anche le altre due protagoniste, quasi a trasfigurare e traslitterare oltre le parole il senso di una ricerca nel tempo e nel nostro spirito.
Uno spettacolo ricco di poesia e, pur se la parola può sembrare banale, anche utile se varrà a farci ricordare che anche nel dolore il filo del sentimento ci può condurre fuori dalle tempeste.
Una produzione LiberamenteUnico. Creazione e regia Barbara Altissimo.
In scena Anna Stante, Didie Caria, Irene Ricciotti, Amalia Scotti. Con la partecipazione di
Renato Alessandria, Giovanni Bina, Tommy Crosara, Remo Gardano, Paolo Mantovani. Drammaturgia Emanuela Currao. Musiche originali e progetto sonoro Didie Caria. Assistente alla regia Nadia Frola. Disegno luci e spazio scenico Massimo Vesco. Realizzazione scena Yasmin Pochat. Costumi Alessia Panfili - Sarta Alice Delfina. Fonica Monica Olivieri - Video Fabio Melotti. Produzione esecutiva video Nadia Frola. Proiezioni video Riccardo Padovan. Organizzazione e comunicazione Roberta Cipriani.
Alla Casa del Teatro Ragazi e Giovani di Torino il 10 giugno 2021.