Produzione centrale del cartellone della stagione 2010/2011 del Teatro Stabile di Genova, va in scena al teatro della Corte, dal 29 marzo al 21 aprile, questa variazione, questa sorta di suite ibseniana di Luca Ronconi, che adatta il testo a partire dalla traduzione di Anita Rho, con protagonista una 'doppia' Mariangela Melato. Con lei, insieme Nora e Kristine in un gioco di specchi riflettente
ma insieme smascherante, si cimentano in scena Paolo Pierobon, che tenta di dare corpo ad un Torvald Helmer denudato nei suoi più intimi meccanismi psicologici, Barbara Morselli e Orietta Notari, proiezioni 'teatrali', ad accentuare l'effetto di distanza critica e di elaborazione drammaturgica, rispettivamente di Nora e Kristine entrambe in costume, Giovanni Crippa, una forse troppo sottolineata immagine della morte nel suo oscuro girovagare in carrozzella, Riccardo Bini, un Procuratore Krogstad un po' sacrificato nella sua funzione di promotore di 'colpi di scena', ed infine la giovane Irene Villa, cameriera di casa. “Nora alla prova” è un titolo esplicito, nell'indicare un contesto narrativo che vuole da subito essere straniante, ma insieme è un titolo 'ambiguo' in quanto suggerisce che in prova non sia tanto la drammaturgia ibseniana quanto Nora stessa, donna che quasi si libera del personaggio per tentare di esercitare una consapevolezza che va oltre lo stesso articolarsi della narrazione. Come se Ronconi, nell'affrontare Ibsen, abbia voluto 'programmaticamente' spogliarlo delle ambiguità che avevano caratterizzato la stesura della sua drammaturgia più nota, anzi scremarlo quasi delle resistenze che oppose al riconoscere il valore in fondo apodittico della sua narrazione, così forte e iscritto nel tessuto stesso della scrittura letteraria e scenica da superare le sue stesse consapevoli intenzioni e finalità. Il doppio finale, che con abilità Ronconi ri-mescola nella sua trascrizione registica, è in effetti il riscontro delle resistenze e delle ambiguità di un Ibsen che con convizione rifiutò ripetutamente le interpretazioni femministe o proto-femministe. Eppure un tale esito inatteso o non voluto appare il risultato di una elaborazione estetica coerente di un tema molto presente nel teatro ibseniano, quello della 'scelta' come fondamento della identità e della libertà, che certo va oltre le questioni di genere. Così la libertà conquistata da Nora con la sua finale 'scelta', presente in entrambi i due finali pur nei loro opposti esiti narrativi, è una libertà che riguarda tutti, è la conquista di una identità autonoma sia di Nora come individuo 'sociale' che di Nora come donna, ed è in questo che è spontaneamente interpretabile nel suo valore femminista. Ma riguarda anche il marito, e prima il padre, perchè la libertà e la soggettività, psicologica e sociale, riconquistata da Nora, restituisce all'uomo una essenziale parte della sua identità e della sua libertà, parte di cui si è pervicacemente privato esercitando un dominio per 'paura'. Per questa consapevolezza la scelta interpretativa di enfatizzare l'aspetto più psicologico, e forse più contemporaneo, della liberazione di Nora è abilmente temperato dallo sdoppiamento continuo dei personaggi, che consente di cogliere di quella scelta anche gli aspetti e le conseguenze sul piano della relazione personale e delle relazioni sociali. Vale la pena di ricordare brevemente l'attrazione della già matura Eleonora Duse per il drammaturgo norvegese, proprio perchè vi riconosceva, soprattutto nella scelta, gli elementi di una sua propria identificazione estetica e crescita psicologica. È dunque un intervento profondo quello che Ronconi esercita sul testo ibseniano, sezionato nei suoi diversi strati, intervento che in certo senso percorre all'incontrario il procedimento narrativo del norvegese, talvolta teso ad accumulare l'uno sull'altro i diversi piani interpretativi. In questo sezionare continuamente il testo, con un processo accentuato dalla scarna ma in continuo movimento scenografia di Margherita Palli e dalle luci di Sandro Sussi, si muove con fascino ed abilità attoriale Mariangela Melato, che sa piegare anche taluni suoi virtuosismi al senso complessivo della rappresentazione, e che sembra combattere, con una distanza interpretativa sempre critica e consapevole e a volte fin accentuata, un eccessivo coinvolgimento emotivo spontanemanente iscritto nel suo accostarsi a Nora e forse anche atteso. Spettacolo interessante, vissuto con qualche difficoltà dalle posizioni più distanti della platea de della galleria, che ha riscosso al suo esordio un caldo successo.