La Stagione speriamo 'normale' del Teatro della Tosse riprende con l'edizione 2021 del Festival “Resistere e Creare”, tra danza, performance e contaminazioni, a cura di Michela Lucenti e di Marina Petrillo. E sceglie di principiare con un paradosso: “Vietato ballare” titola infatti questa edizione, e per un festival di danza non è certo una cosa facile. A parte i paradossi che quantomeno servono per svegliare i sensi e acuire l'attenzione, il Festival 2021 è un festival itinerante, diffuso se non addirittura 'esploso', nel senso migliore del termine, tra le vie e le piazze di questa città che diffusa lo è per storia e urbanistica. Recuperare la cultura ai suoi mille luoghi vuol dire infatti recuperare quegli stessi luoghi, recuperarli cioè alla politica, ad una politica finalmente di prossimità, senza essere localistica ma dal respiro universale, ed anche alla economia visto che quest'ultima è pur sempre, etimologicamente, la cura della (propria) casa. Ogni luogo, nel tempo del festival, svilupperà un percorso di
spettacoli, dall'estrema periferia occidentale di Voltri, al centro storico di Piazza Giustiniani e Piazza Sarzano, e via trascorrendo da via Caricamento verso le molte vie e vicoli che ci circondano.
In questo ha incontrato come suoi pungoli, alleati e non complici, alcune iniziative cittadine, dal basso si diceva un tempo, che unendosi hanno dato vita ad un patto, al Patto di Sussidarietà Sestiere del Molo, che a partire da una condizione, socialmente, economicamente, urbanisticamente complessa vuole promuovere un mutamento ed una trasformazione positiva di quella parte della città, che tra l'altro ospita la Fondazione Luzzati e il Teatro della Tosse.
Il Festival segna l'inizio di una collaborazione di cui il Teatro della Tosse, per la sua storia, la cultura teatrale promossa dai suoi fondatori e proseguita oggi rinnovata ma coerente dal regista residente Emanuele Conte, può essere elemento essenziale. Il teatro è infatti politica, come rapporto profondo con la polis, esercitata attraverso l'arte, come insegna Baumann citato dalla Petrillo: “non c'è futuro senza cultura”.
Con la vita che riprende a scorrere più normale, dunque, il teatro è presente e capace come sempre di fornire gli strumenti intellettuali e le intuizioni profonde, le suggestioni improvvise per curare ferite ancora aperte dopo la pandemia, senza dimenticare quelle di un settore andato in crisi e che cerca di recuperare anche con le lotte, come racconta un docu film di Fabio Cavalli in programma il 3 ottobre, dei suoi protagonisti.
Gli spettacoli sono tanti e non possiamo dare conto di tutti, qui, ma credo ci sia una grande voglia e una grande aspettativa, per un gruppo, la Tosse, che negli anni ha saputo essere per Genova la porta per aprirsi al teatro internazionale, grazie al coraggio di scelte innovative che hanno consentito di godere di spettacoli di grande impatto mondiale. Basterà ricordare il deflagrante “Flower” di Lindsay Kemp al Teatro Alcione, vecchia sede della compagnia ora chiuso.
Anche la stagione di quest'anno infatti, che si avvierà dopo il festival a metà ottobre conferma quell'indirizzo e quella impostazione, aperta e sprovincializzante del passato, con spettacoli che sembrano cercare di andare oltre la tradizione. Tra l'altro l'evoluzione delle restrizioni, ha sottolineato il Direttore Artistico Amedeo Romeo, fa si che il pubblico possa ritornare confidente e sicuro, in attesa che, come promesso, anche la capienza sia presto più ampia.
Infine una notazione che è un arrivederci ed un augurio. È l'ultimo anno di co-direzione del Festival di Michela Lucenti che, a riconoscimento dei meriti artistici e del ruolo conquistato in questi anni con Balletto Civile nel mondo della danza contemporanea, ha accettato di diventare artista associato a Bologna con Emilia Romagna Teatro, teatro nazionale.