Sei donne coraggiose, diverse tra loro, per carattere, classe sociale, scelte di vita o per caso, si raccontano tra prese di posizioni, paure, fermezza, altruismo, piccoli egoismi, desideri, speranze, disperazione ed illusioni. Sei donne di ieri, di oggi, di domani, con la loro guerra che appartiene a tutti, che fa parte dei nostri giorni e le loro tribolate vicissitudini ci riportano alla cronaca odierna, ai drammi che ascoltiamo in tv, a quelli che per strada, nella casa accanto o nelle nostre vite, si consumano e che vedono protagoniste proprio le donne con la loro dignità, i loro silenzi, il loro desiderio di dire basta e di condurre la loro personale “guerra contro la guerra”. E sono proprio sei donne le protagoniste in scena al “Verga” di Catania, in apertura della stagione di prosa 2021-2022 dello “Stabile” etneo, del testo “Donne in guerra” di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci, riallestimento con un nuovo cast, dopo i premi ottenuti in Italia e all'estero (menzione al Premio Ubu; Premio Fersen 2015
per la regia; Premio internazionale Les Eurotopiques 2014, primo tra oltre 100 progetti) per la regia di Laura Sicignano. Le due autrici hanno raccolto nel testo storie dai racconti delle nonne, storie familiari o testimonianze di quel tempo, per non dimenticare.
Lo spettacolo, al ritorno a teatro dopo il lungo stop per la pandemia, risulta una operazione coraggiosa e di grande sensibilità ed impegno sociale e che vede lo spettatore coinvolto in prima persona nella rappresentazione, a stretto contatto con le sei interpreti, immedesimandosi, vivendo - per circa 90 minuti – le storie raccontate, vissute, subite, dalle protagoniste, sfollate degli Anni Quaranta, che, nella prima parte, si presentano sul palcoscenico agli ottanta spettatori a rappresentazione, in piedi, con le loro valigie, le loro borse, i loro oggetti, tra dei bauli rossi. Le sei determinate donne (partigiane, fasciste, contadine, operaie, borghesi nell’estate del 1944) poi, per il resto della pièce, in platea, con il pubblico seduto in una tribuna ovale, accanto ad una linea ferrata, tra delle casse grigie, raccontano la propria vita, le proprie aspirazioni, le violenze subite, le umiliazioni, iniziando così un viaggio fisico e temporale, accompagnate dall’attenzione e dal coinvolgimento dello spettatore. Le sei protagoniste hanno un rapporto diretto con la platea, si avvicinano al pubblico, ci parlano, interloquiscono, lo interrogano, scambiano battute e oggetti, attendono una risposta, uno sguardo, una condivisione. I loro percorsi, i destini, le storie di queste sei donne in guerra, tenaci, diverse, ferite, umiliate, dignitose ed indifese sono, però, tutti segnati. Sono tutte - come vogliono le autrici - più eroine che vittime e narrano le loro scelte di vita in quel momento, come donne che dichiarano guerra alla guerra. Raccontano e ci raccontano le loro sofferenti, sconvolgenti testimonianze di un terribile momento cosparso, avvelenato, da tradimenti, morti, stragi mentre la vita, la speranza sembrano soccombere.
Si presentano quindi, al pubblico con intensi monologhi o dialogando tra loro, la saggia Zaira, contadina e levatrice che prepara anche i morti per l’ultimo viaggio - resa da Egle Doria - che, con grande forza ed umanità, da coraggio e speranza di una rinascita alle altre compagne in un viaggio surreale: la positiva e fresca operaia Maria interpretata da Federica Carruba Toscano, l’intraprendente e partigiana maschiaccio Anita di Barbara Giordano, la straziante, svanita ed espressiva bambina-grande Irene, abusata dai nazisti, di Isabella Giacobbe, l’ingenua fascista ed ora ausiliaria della Repubblica di Salò, Milena-Lenina impersonata da Leda Kreider e la borghesuccia, ambiziosa ed indifferente, signora De Negri resa da Carmen Panarello. Nello straziante finale le ritroviamo, illuminate da tenui fanali, mentre si spogliano, perché “nudi si va alla morte” e tranquillamente cantano in coro “Non dimenticar le mie parole”, brano cult e cavallo di battaglia del Trio Lescano tema musicale dominante dello spettacolo,.
E proprio alla fine, tra le struggenti note di “Non dimenticar le mie parole” ed il buio che scende, si intrufola nella mente anche la folgorante espressione della svagata Irene, ovvero: “Non ce la dice nessuno, la verità, chissà dov'è...”.
La regia di Laura Sicignano è puntuale, lineare e da i giusti ritmi, la cadenza necessaria ad un testo delicato, doloroso che crea una atmosfera intima, per uno spettacolo crudo e delicato allo stesso tempo, che dando voce alle donne, racconta caratteri, umiliazioni, attese, fermezza e coraggio, ma che, soprattutto, parla di verità, di speranza di rinascita, che proclama guerra alla guerra attraverso sei diverse figure femminili accomunate dalla solidarietà e dall’infinita voglia di non arrendersi mai.
Per le interpreti, vere combattenti mai dome (Federica Carruba Toscano, Egle Doria, Isabella Giacobbe, Barbara Giordano, Leda Kreider, Carmen Panarello), davvero una rigorosa e sentita interpretazione. Tutte interpretano i loro personaggi con trasporto e commozione ed il pubblico durante ed alla fine capisce, apprezza ed applaude con forza.
Apprezzabili le scene ed i costumi di Laura Benzi, ripresi rispettivamente da Elio Di Franco e Riccardo Cappello che sono determinanti, così come le luci di Gaetano La Mela, per creare quell’atmosfera di attesa, di partenza, di viaggio in treno, tra rotaie e nebbia, tra paure e speranze, tra certezza e dolore, di sei donne assolutamente da non dimenticare. E che ancora oggi viaggiano accanto a noi.
Donne in guerra
testo di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci
Regia Laura Sicignano
con Federica Carruba Toscano, Egle Doria, Isabella Giacobbe, Barbara Giordano, Leda Kreider, Carmen Panarello
Assistente alla regia Francesca Mazzarello
Scene di Laura Benzi riprese da Elio Di Franco
Costumi di Laura Benzi ripresi da Riccardo Cappello
Luci Gaetano La Mela
Produzione Teatro Stabile di Catania - Stagione di prosa 2021-2022
Teatro Verga di Catania - 27 settembre - 29 ottobre 2021
Riallestimento a Catania con un nuovo cast, dopo i premi ottenuti in Italia e all'estero: menzione al Premio Ubu; Premio Fersen 2015 per la regia; Premio internazionale Les Eurotopiques 2014, primo tra oltre 100 progetti.
Foto di Antonio Parrinello