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Recensire uno spettacolo di Mimmo Cuticchio presenta ogni volta una difficoltà che non si può bypassare: bisogna affrontarla e scioglierla preliminarmente. È chiaro - ed è quasi fisicamente percepibile - che si tratta di teatro vivo e contemporaneo, ma poi bisogna capire perché. Capirlo in modo chiaro, razionale, esprimibile con parole semplici. E del resto Cuticchio non fa nulla per aiutare il pubblico, anche quello più avvertito e colto, a sciogliere questo rovello: il fascino ancestrale del racconto epico, l’energia della perfomance del narratore, la potenza icastica dei “pupi”, le immagini bellissime, i colori, la musicalità dell’impasto linguistico (tra italiano, lingua regionale e dialetto), il fascino della musica. Tutti ingredienti di uno spettacolo che cattura il pubblico (tutto il pubblico, non solo i bambini) e subito dopo – con un paradosso che è tipico di questa forma di spettacolo – lo costringe a ragionare: che cosa ho visto? Scriviamo dello spettacolo “Sulle vie dell’Inferno” che si è visto a Palermo il 29,

30 e 31 ottobre sulla scena del Teatro Santa Cecilia. Un “cunto” nuovo, costruito sulla avventurosa vicenda di Ariodante, guerriero cristiano inventato da Ariosto (per omaggiare Dante probabilmente, fondendo il nome suo con quello del grande fiorentino) e innamorato della principessa Ginevra, figlia del re di Scozia. Un attraversamento filmico e testuale dell’Inferno di Dante, realizzato con le bellissime immagini di Daniele Ciprì (e la collaborazione di Chiara Andrich per il montaggio, di Gabriele Ciaccio e della Island VFX per il lavoro di postproduzione e di Gabriele de Paolo per la color correction), con la lettura (appassionata e rispettosa) dei versi danteschi di Alfonso Veneroso e con il commento/racconto, a mo’ di cunto, dello stesso Cuticchio. Last but not least le musiche originali e bellissime composte e suonate con suo ensemble da Giacomo Cuticchio. I pupi di Dante e Viriglio attraversano un Inferno dantesco di straordinario fascino visivo, abitato da pupi, sculture, istallazioni e realizzato in diversi luoghi della Sicilia: la passeggiata di Goethe sul monte Pellegrino sopra Palermo, la Torre di Messina, la Necropoli di Pantalica nel Siracusano, le terme libere di Segesta, il grande Ilice secolare sull’Etna, la miniera di Sommatino a Caltanissetta, la cava d’Ispica nel ragusano, l’isola di Linosa in provincia di Agrigento e la Rocca di Cerere ad Enna. E però resta il problema di fondo: in quale punto questo lavoro, colorato, colto, scintillante senza essere stucchevole, equilibrato nelle sue varie parti, incontra la contemporaneità, in quale luogo si confronta con la sensibilità contemporanea? Probabilmente, al di là della qualità altissima che sempre accompagna gli spettacoli di Cuticchio, questo incontro si deve rintracciare nella percezione della complessità della storia riflessa. Al di là del soggetto del racconto, e in questo caso si tratta di un passaggio abbastanza attraverso alcuni tra loci più celebri dell’Inferno dantesco (la Selva Oscura, la Città Dolente, Caronte, gli Spiriti Magni, Paolo e Francesca, Ciacco, Farinata degli Uberti, Pier delle Vigne, Ulisse, Il conte Ugolino, Lucifero), in questo teatro non ci sono nemici del tutto cattivi, i buoni e i giusti non sono, sempre e del tutto, buoni e giusti, la verità non sta tutta nelle spade e nelle lingue dei cristiani, il medioevo non è così oscuro e bigotto come si continua a raccontare, i paladini non sono tutti valorosi e i mostri servono spesso soltanto a farci riflettere sulla nostra stessa mostruosità. Inoltre, si badi bene, questa continua rivisitazione e relativizzazione del materiale epico tradizionale non è condotta in modo esterno e intellettualistico, ma dentro lo spettacolo, nel meccanismo dinamico della messinscena, nel sorriso sornione, sapiente e “critico”, appunto, del grande cuntista, nella sottolineatura iper realistica e quindi straniante dei colori della fotografia del film, nella musica di Giacomo Cuticchio che – se tutto il resto non bastasse - ci pensa lei a spiegare a ciascun spettatore, che sia minimamente curioso, quanto è colto e pensato quel che sta vedendo e lo sta emozionando.
Ps. Ne contesto di uno spettacolo dedicato a Dante, nel settecentesimo anniversario della sua morte, sia lecita una riflessione che assomiglia a un’invettiva. Il popolo ebraico ha sempre avuto nella Bibbia la sua vera e unica patria e per questo motivo, pur nella sua millenaria e dolorosissima erranza, non ha smarrito i valori positivi della sua identità. Quello italiano al confronto è un popolo giovane ed ha sicuramente nella “Commedia” un riferimento straordinariamente fecondo di positivi valori etico-politici. Allora c’è da augurarsi un passaggio nella seconda zona del nono cerchio dell’Inferno, nell’Antenora, per quanti, traditori della patria, in nome di un vuoto rinnovamento della ratio studiorum della scuola italiana, stanno distruggendo nelle nuove generazioni d’italiani la conoscenza della Divina Commedia e di quella vasta e profonda tradizione umanistica che, sola, può sostenere questa conoscenza. Non si tratta affatto di un necessario e coraggioso salto nella modernità scientifica e digitale, ma di un tradimento della patria spirituale degli italiani che solo la colpevole, distratta e dissennata sciatteria del ceto politico sta accettando di consentire. Occorre dire insomma che oggi quel “bordello”, di celeberrima dantesca memoria, è entrato fin dentro le aule scolastiche e non c’è nessun Dante che abbia sufficiente energia morale e politica per denunciarlo.

Paolo RANDAZZO
Sulle vie dell’inferno
Venerdì 29, 30. 31 ottobre ore 21, Teatro Santa Cecilia, Palermo
Cunto: Mimmo Cuticchio. Versi di Dante letti da Alfonso Veneroso. Testi tratti dalla Prima Cantica della Divina Commedia di Dante. Drammaturgia: Mimmo Cuticchio, Elisabetta Puleo, Alfonso Veneroso. Direttore della fotografia: Daniele Ciprì. Aiuto regia: Chiara Andrich; Direttore di produzione: Gianni Cannizzo. Primo operatore: Gabriele De Palo; secondo Operatore: Bruno Bonafede. Riprese in collaborazione con: Scuola di Cinema Piano Focale. Contributi video esterni: Chiara Andrich e Andrea Mura. Montaggio: Chiara Andrich. Manianti: Mimmo e Giacomo Cuticchio, Tania Giordano, Giuseppe Graffeo, Emanuele Salamanca. Scenografia e costumi: Tania Giordano. Scenotecnica: Emanuele Salamanca. Musica originale: Giacomo Cuticchio. Giacomo Cuticchio Ensemble: Chiara Albamonte, Marco Badami , Paolo Pellegrino, Nicola Mogavero, Fabio Piro, Giusy Cascio, Giacomo Cuticchio. Pupi e costumi sono stati realizzati nei laboratori dell’Associazione “Figli d’Arte Cuticchio” di Via Bara all’Olivella a Palermo
Crediti fotografici Alessandro D’Amico.