Si chiude la XII edizione di questo festival d'autunno, un festival cittadino, in fondo una novità per una città pur profondamente teatrale quale è Genova, e per questo segnale della vitalità creativa del gruppo di Teatro Akropolis che in questi anni ha saputo abbinare novità estetiche, dissodando campi drammaturgici poco frequentati ma potenzialmente assai fecondi, e un impegno organizzativo fuori dal comune che ha portato a Genova tanto teatro 'nuovo', sia nei suoi nomi più accreditati che nelle sue novità più interessanti. Questo secondo diario riporta alcune delle mie incursioni nella settimana conclusiva del festival, a partire da due spettacoli che in un certo senso possono essere riuniti innanzitutto da una considerazione più generale. Si tratta di giovani che stanno sperimentando un percorso che sconta una evidente, ma anche inevitabile, ingenuità rispetto ad esiti ancora in farsi ma comunque degni di interesse. È giusto io credo dare spazio anche a queste intenzionalità, già dal
loro sorgere e presentarsi creativo, dare spazio dunque a potenzialità nuove attraverso le quali poter esteticamente intercettare il senso del vivere oggi, in un tempo così confuso, un senso nuovo e forse altrimenti, io penso, inattingibile.
INTUITION 1
È uno spettacolo, sospeso tra l'orizzonte della danza e il teatro fisico, quasi una pseudo prestazione ginnica, che a partire da ciò vive di contrasti, talora anche urtanti, se vogliamo, e perturbanti. Innanzitutto quello tra leggerezza e pesantezza, l'una iscritta negli slanci musicali del barocco, nelle sue cavità giunte fino al novecentesco floreale (dorati petali di stoffa compongono la scena), l'altra nelle rumorose cadute di un corpo, ordinariamente sgraziato, che non riesce in alcun modo a liberarsi della gravità. Esito, probabilmente, della odierna mescolanza di pratiche fisiche ed estetiche che cercano nel palcoscenico una non facile coerenza.
Coreografia e performance: Riccardo Guratti | Scenografia: Nikola Knecevic | Advisors: Katarina Bakatsaki, Giuseppe Vincent Giampino | Sguardo filosofico: Elisa Trifelli | Con il supporto di: DansBrabant Tilburg, Dansmakers Amsterdam, CSC – Centro per la scena contemporanea, Het Huis Utrecht, Vera Stasi, ASD Matisse.
Lunedì 8 novembre alla Sala Mercato
ANNUNCIAZIONE
Si può, io credo, interpretare come una intrigante e spontanea ricerca dello spazio, del proprio spazio intendo, uno spazio di cui abbiamo perso le coordinate, e che la danza ci aiuta a recuperare. Spazio ovviamente come geografia inevitabile della nostra identità che, oggi, sfugge o si nasconde nella 'rete' e nei suoi innumerevoli apparati o audio-dispositivi che in effetti sembrano, come una volta si diceva, condurre le danze. A partire dal video un po' fastidioso sulla produzione dei wurstel che apre lo spettacolo, quasi a paradossalmente ricordarci chi e dove siamo. In effetti quello stesso video si dichiara, come in un Magritte, <<non>> contro l'industria della carne. È l'espressione di quella danza minimale, di sottrazione, che occupa l'odierna ricerca e che allontana la sintassi tradizionale quasi a ricercare una autenticità in essa perduta, con echi forse inconsapevoli anche delle pratiche Butō. Tecnicamente ben condotta anche se drammaturgicamente ancora un po' debole.
Di: Greta Francolini | Con: Chiara Bollettino, Greta Francolini | Produzione: Anghiari Dance Hub, Cab 008.
Ancora alla Sala Mercato lunedì 8.
Nelle belle sale di rappresentanza di Palazzo Ducale, invece, l'ormai tradizionale appuntamento con la danza Butō che richiama a Genova studiosi e molti appassionati di un arte difficile e poco appariscente, insieme ad alcuni dei suoi più prestigiosi interpreti.
La giornata dedicata e titolata “La danza Butō dai maestri alle nuove generazioni di performer”, con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano e dell'Istituto Giapponese di cultura in Roma, si è aperta con il convegno “Fondazioni e Filiazioni. La trasmissione del Butō tra le pratiche e gli studi” a cura di Samantha Marenzi e con la partecipazione della stessa Marenzi con Katja Centonze, Eden Peretta e Moeno Wakamatsu.
Due gli spettacoli che sono seguiti.
NUCLEO – DA FRANCIS BACON
Il Butō è una danza del corpo ma che quello stesso corpo non utilizza fisicamente, in quanto materia, ma in un certo senso lo scarnifica, lo decompone nei suoi movimenti essenziali per poi ricomporlo in un'altra dimensione. È dunque una danza soprattutto figurativa, più che di movimento, che nasce per predisporre l'uomo e la donna ad una ricerca che va oltre quel corpo, alla ricerca cioè, che ha suggestioni artaudiane, di un qualcosa di autentico che lo precede. Del resto è noto il fascino che l'oriente esercitò sul drammaturgo francese. Non casuale dunque, qui, l'ispirazione al pittore irlandese anche lui impegnato in una deformazione dell'immagine dell'uomo per rintracciare qualcosa che ne stava sotto. In un crescendo di sofferenza e dolore la danzatrice si libera dunque degli impedimenti al propri movimenti, simbolici più che fisici, trascinandosi verso una rappresentazione della vita che ha il colore del sangue.
Progetto e performance: Alessandra Cristiani | Musica e suono: Claudio Moneta, Iva Bittovà | Progetto luce: Gianni Staropoli | Tecnico luci: Omar Scala | Progetto visivo De figura: fotografia digitale di Alberto Canu, polaroid di Samantha Marenzi Produzione: PinDoc | Coproduzione: Teatro Akropolis | Con il sostegno di: Armunia Festival Inequilibrio | in collaborazione con: Lios e Alfabeto performativo | Con il contributo di: MiC, Regione Siciliana.
Nella Sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale di Genova, sabato 13 novembre.
THE FALSE DAVID
In prima nazionale. Imre Thormann è uno degli intepreti più noti e accreditati di questa disciplina e anche qui espone e fa apprezzare tutta intera la sua creatività. A partire dal paradosso profondamente linguistico di un Falso David, cioè di un 'non' eroe chiamato a tutti rappresentarci. Nel Butō di Thorman la nascita è una dolorosa parentesi che cerchiamo inconsapevolmente di chiudere andando a ritroso, dal moto all'immobilità, dall'apparenza all'essenza, nella caduta che segue ogni tentativo di sorgere e risorgere. Il suo corpo ne è lo strumento così che attraverso quella danza l'essenza dell'uomo, quella che ci siamo disabituati a chiamare anima, si fa strada tra gli organi ed emerge visibile finalmente, contenuta solo dalla pelle sottile, divenuta ormai trasparente, del danzatore. In quel corpo è dunque raffigurato l'invito rivolto a noi a guardare attraverso di esso, oltre verso la verità che abbiamo perduto, seguendo le note di un clarinetto come tracce sulla nostra strada.
Butō: Imre Thormann | Clarinetto: Pierre Lassailly.
Nella Sala del Minor Consiglio di quello stesso palazzo, sabato 13.
Il festival chiude con la sperimentazione del linguaggio filmico da parte di David Beronio e Clemente Tafuri che presentano in, “La parte Maledetta. Viaggio ai confini del teatro”, una trilogia di docu-film con protagonisti il regista e drammaturgo Massimiliano Civica, la danzatrice Paola Bianchi ed il filosofo Carlo Sini, quasi un compendio della loro eclettica attività artistica.
Come di consueto, infine, l'edizione del festival è accompagnata dall'uscita del nuovo volume di Akropolis libri dal titolo omonimo.
Il dodicesimo volume dunque, che comprende svariati interventi di artisti e studiosi.
L'appuntamento è ora all'inaugurazione dei nuovi spazi del teatro Akropolis in corso di ristrutturazione e all'apertura di una nuova stagione di spettacoli.