La Bruna è una donnona un po’ Alda Merini, un po’ Monicelli, un po’ Carlo Monni, come ama chiosare il suo creatore, l’attore, autore e regista Alessandro Riccio. Nata nel 2014, questa cantante improbabile si esibisce sui palcoscenici toscani raccontando una storia di canzoni, musica. La sua è una vita vissuta che si dipana pian piano in progressivi svelamenti. E’ “Bruna e la notte”, un vero capolavoro del teatro italiano contemporaneo per la ricchezza della scrittura e la resa eccellente del personaggio. L’arcobaleno di colori della Bruna oscilla dall’euforia alla malinconia, dalla battuta sagace in puro spirito toscano all’elegia sentimentale, con il tutto esaurito nelle numerosissime repliche. “Le mille e una Bruna”, in scena al fiorentino Teatro di Rifredi fino al 28 novembre, ne è il giusto e riuscito completamento. Ancora lì sul palcoscenico insieme al suo fidato Franchino al piano (Alberto Becucci), con canzoni del tempo che fu, un po’ vere e un po’ improvvisate. Lui è la sua spalla e il suo
sostegno, ma la grande diva dalle caviglie gonfie e dai vestiti eccentrici racconta la sua storia al pubblico, fatta di grandi nomi della canzone che si sarebbero esibiti con lei nei decenni.
In questa nuova incarnazione della Bruna, si festeggia un evento, la giustizia ha fatto il suo corso e Franchino vuole celebrare questo avvenimento. C’è un’altra storia, dura e affatto sfavillante, con il retrogusto duro del destino segnato di chi sta ai margini. Bruna ha anche questa storia da raccontare, forse vera tanto quanto i duetti con Yves Montant, forse di più.
Una scrittura ben congegnata riesce a far ridere a crepapelle e a rendere lucidi gli occhi nel giro di un batter baleno, mentre l’amara esistenza delle mille Bruna invisibili tra noi trova il suo spazio, il suo riconoscimento, forse la sua celebrazione. Niente agiografia del diseredato, niente santino bicolore tutto bene o tutto male. Bruna è sia insopportabile che da amare, sia affettuosa che respingente. E’ tutto e il suo contrario, come ogni vita vissuta sul filo del baratro.
Riccio si immerge nella Bruna con una pesante camuffatura, cambia la voce e la gestualità. Non è più un personaggio, è diventato ormai il suo alter ego in cui fa rivivere la toscanità più arguta dalle battute salaci, ma riesce magicamente a dare respiro ampio a quel dramma di vivere che si nasconde dietro molte anime.
Peccato che la Bruna non esca mai dalla Toscana! Da vedere.