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Questo doppio spettacolo è un esempio di teatro che riesce a miscelare con coerenza ed efficacia la sapienza della scrittura drammaturgica con la qualità e l'amalgama di una recitazione capace di portare alla luce della scena il significato più profondo di quella stessa scrittura, facendone partecipe, suo tramite, il pubblico in sala. Sono due brevi atti unici di Eduardo De Filippo, il primo ideato a fine anni cinquanta e il secondo invece tra i più vecchi (1929) del suo vastissimo repertorio, due brevi farse che ancora suggeriscono la tradizione, ma che insieme sono capaci di utilizzare proprio quella struttura sintattica per lasciare trasparire un intero e molto più variegato mondo esteriore ed interiore, per interpretare una condizione umana che ride di sé con l'amarezza di fondo in cui si articola il dolore che mai abbandona l'esistenza. In entrambe le circostanze emergono così con efficacia e profondità i temi più pregnanti del teatro di Eduardo, accompagnati dall'incessante e ripetuto sguardo alla

famiglia, alle sue relazioni, alle sue tensioni che sempre cercano di trovare scioglimento, o almeno, comprensione tramite il palcoscenico.
La prima, “Dolore Sotto chiave” è infatti incentrata su un tema ricorrente, quello della morte come segno dell'impermanenza di uomini e donne durante il loro transito esistenziale, di cui il passaggio scenico è sempre accadimento oltre la metafora. Una impermanenza con cui necessariamente e continuamente dobbiamo fare i conti per ritrovare un filo che dia spessore e significato pieno alla vita stessa.
Sulla morte, dicevo, ma forse soprattutto sulla perenne tentazione di allontanarla e dimenticarla, salvo scoprire che se viene  scotomizzata e rimossa dalla nostra mente e dalla nostra anima non può che provocare angoscia e confusione.
La seconda, “Syk Syk l'artefice magico”, invece, un vero e proprio cavallo di battaglia di Cecchi, gioca con la magia (e la magia del teatro anche quando è 'povero') per cercare di mostrarci quella trama di suggestioni, sogni e ricordi, che sempre scorre sotto l'apparenza della nostra concreta realtà e che con sè porta la domanda su quale sia effettivamente la verità. Ovviamente non c'è luogo migliore per scoprirlo del teatro, come non ricordare in proposito “Questi fantasmi”.
A questa piccola pièces, che apre il suo sguardo sul mondo dei guitti e sui suoi legami con il popolo più basso ma anche più attento ai sentimenti, era molto legato anche il suo autore che la portò in scena fino alla sua vecchiaia-
In sostanza due brevi drammaturgie che ci danno già la chiave del teatro di Eduardo, e che i due protagonisti, con Carlo Cecchi la altrettanto brava Angela Ippolito, sanno portare su di sé con l'efficacia di chi è nato in quel teatro, per tanti anni lo ha frequentato e che è così diventato una sorta di matrice della loro arte recitativa.
Dunque si ride con convinzione ma senza dimenticare e senza perdere il filo di un percorso che dalla scena ci tocca nel profondo, si ride fino alle lacrime appunto poiché la comicità che declina il più creativo umorismo, come insegnava Bergson, è la via che conduce a noi stessi, è una delle chiavi più efficaci per la consapevolezza di sé e del mondo che questo sé circonda.
Produzione : MARCHE TEATRO, TEATRO DI ROMA – TEATRO NAZIONALE, ELLEDIEFFE.
Regia Carlo Cecchi. Interpreti: Carlo Cecchi, Angelica Ippolito, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Remo Stella, Marco Trotta. Scene: Sergio Tramonti (Dolore sotto chiave), Titina Maselli (Sik Sik l’artefice magico). Costumi Nanà Cecchi (Dolore sotto chiave), Titina Maselli (Sik Sik l’artefice magico). Realizzazione scene e costumi Barbara Bessi (Sik Sik l’artefice magico). Musica
Sandro Gorli (Sik Sik l’artefice magico). Luci Camilla Piccioni.
Ospite del Teatro Nazionale di Genova, alla sala Eleonora Duse da 4 al 9 gennaio. Molti gli applausi.

Foto Filippo Ronchitelli