In un passaggio del suo volume “La colomba pugnalata (Proust e la Recherche)” Pietro Citati scrive che “tutta la Recherche non è che una caccia agli dei che abitano ancora il tempo moderno: caccia disseminata di delusioni, di illusioni, di inganni, di false strade, ma conclusa, malgrado tutto, da una paradossale vittoria”. Oggi, al contrario, quegli dei non ci sono o non si percepiscono più, non perchè si sono ritirati su un loro misterioso Olimpo, ma bensì perché, imprigionati nella stessa decadenza di questa nostra modernità, sono morti dentro e tra di noi, confusi e mummificati nel nostro vivere che sempre più spesso assomiglia a un “non” vivere. Questo spettacolo della “Piccola Compagnia della Magnolia”, per la drammaturgia e regia di Michele di Mauro, è un ulteriore accesso al mito, e sembra volere percorrere questa decadenza, questo imputridirsi della mitologia luminosa del passato in una nuova e moderna mitografia, confusa e priva di speranza, senza dei e dunque anche senza una
umanità che non sia sovrapposta su sé stessa.
Diventa così una indagine, un domandarsi introspettivo su cosa sia l'amore (icastico il sottotitolo “o della Spietà dell'Amore), in cosa si sia oggi trasformato, confuso come è e intercettato da una sessualità compulsiva priva di radici affettive e quindi di un adeguato cuscino psicologico.
Una sorta di pornografia dei sentimenti, come direbbe Jean Braudillard, un guscio vuoto che rimbomba di sé stesso e nulla è in grado di dirci, incapace di qualsiasi relazione e di un qualunque transito interiore.
Un guscio che, ostinati, continuiamo ancora a chiamare famiglia, cercando di salvare il salvabile nella identificazione con l'apparenza di successo della famiglia e della dinastia moderna italiana per eccellenza, quella che ha ruotato e ruota intorno all'Avvocato Agnelli, e di cui rimangono solo vecchie immagini che scorrono sullo sfondo, virtualità ormai senza concretezza.
Da Euripide a Seneca, da Racine a Sarah Kane, alla cui struttura narrativa aderisce con più evidenza nel rinnovato transito scenico, il percorso drammaturgico, prodotto dalla narrazione di Fedra e del figliastro Ippolito, cerca dunque di cogliere nell'esito tragico l'ironia di un oggi in cui anche la tragedia non è più in grado di redimere nessuno e alcunché.
È uno spettacolo talvolta disturbante nell'affastellarsi, non sempre drammaturgicamente coerente, di suggestioni e di riferimenti anche contraddittori e nello sforzo di gridare senza veli una verità che però, abbacinata dalla luci troppo forti che essa stessa produce, può anche scivolare altrove impercepibile.
Resta lo sguardo impietoso sulla confusione che ci domina, confusione di sessualità e di identità, confusione di ruoli e di funzioni, di valori e finalità, una confusione che rischia di prendere il sopravvento anche sull'equilibrio della messa in scena a scapito del suo stesso orizzonte significativo.
Uno spettacolo comunque di grande impatto, crudele nel senso teatrale più pieno del termine quale emerge anche dalla forza di una recitazione molto consapevole e coinvolta da parte di tutti i tre protagonisti. Dissacrante forse, per quanto possa essere dissacrato un mondo che così poco conosce il sacro, nel suo più arcaico significato, anche sulle tavole di un palcoscenico.
Emerge infine, forse nella stessa forza di una aspra disillusione, la nostalgia di un eterno che possa ancora circondarci, sia che provenga dai lacerti di un mito antico, di un Dioniso niccianamente ormai quasi incapace di rinascere da sé stesso, sia dalla forza di una aspettativa che possa essere ancora una volta condivisa e che così ci faccia di nuovo essere 'comunità'.
In una scenografia segnata da molti linguaggi e simbolismi, custoditi in un confessionale al centro del palcoscenico, spiccavano per la loro forza straniante le marionette gentilmente concesse dal meritevole Istituto per i Beni Marionettistici di Grugliasco, diretto da Alfonso Cipolla.
Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia nuova creazione 2021.
Elaborazione drammaturgica e regia Michele Di Mauro. Con Davide Giglio, Giorgia Cerruti e Francesca Cassottana. Sound design Guglielmo Diana. Light & visual concept Lucio Diana. Tecnico luci Marco Ferrero. Immagini, suoni, parole e sinapsiche verticali di Elvis Flanella. Assistente alla regia Alessandro Persichella. Realizzazione scenotecnica Maurizio Fo. Organizzazione/produzione Angelo Pastore.
Nello spazio di Cubo Teatro all'Off Topic di Torino, nell'ambito della stagione 2022 di “Fertili Terreni Teatro”, dal 25 al 28 gennaio. Tutto esaurito, molti applausi.