La prima lesbica dichiarata della storia, proprietaria terriera e affarista spietata, disinibita nella sessualità quanto iper-prolifica nei suoi diari di migliaia di pagine. Anne Lister è stata riscoperta negli ultimi anni come protagonista della gender history recente, una pietra miliare della storia lgbt da un lato, testimone oculare di un mondo che cambia dall’altro. La sua figura, già protagonista di una fortunata serie tv “Gentleman Jack-Nessuna mi ha mai detto no”, è ripresa da Magdalena Barile in “Gentleman Anne” per la regia di Elena Russo Arman (che ne è anche la protagonista con Maria Caggianelli Villani), in scena fino al 20 febbraio 2022 al Teatro Elfo Puccini di Milano (corso Buenos Aires 33). La vicenda si sviluppa su due piani, il primo Ottocento con l’amore della possidente Lister per l’ereditiera e vicina di casa Ann Walker, e l’incontro-scontro tutto contemporaneo delle loro epigone, la docente di letteratura inglese e la sua allieva disinibita. La Lister rifugge amabilmente da ogni
santino, non è bellissima, non è angelica né tantomeno di animo buono. E’ una persona con le sue ombre, durissima nell’amministrare denaro e proprietà, opportunista nell’amore e nel sesso, dove il sentimento sincero va dove la porta la ragione anche del portafogli.
E poi, la rigida docente universitaria che ha dedicato il suo primo libro all’allieva scomparsa ritrova la sua natura sulle orme dei diari della Lister, spinta a forza dalla spregiudicata studentessa che prima la seduce e poi fugge, mentre un’anima inquieta aleggia nel parco della tenuta domestica.
Una storia interessante nelle mani di una scrittura rapida se non rapidissima, che lascia nella penna molti passaggi salienti. Certi snodi un po’ bruschi tolgono spessore emotivo, ma resta intatto il fascino di una vicenda umana ottocentesca tutta da scoprire. Quando essere donna che ama altre donne significava forse essere un po’ uomo, almeno nel carattere e nella spregiudicatezza. Quando essere donna che amava altre donne significava essere ricche e fortunate, altrimenti si era soltanto delle immorali.
Il teatro talvolta strizza l’occhio alla serie tv, almeno nella struttura dei tempi e nella modulazione della narrazione. Questo funziona dal punto di vista estetico ma anche inclusivo, riuscendo ad avvicinare al linguaggio teatrale quel pubblico che vi è meno avvezzo.
La Russo Arman è credibile e spietata, ma verrebbe voglia di vedere e sapere di più della storia che interpreta, che in un’ora e mezza scarsa non si ha il tempo di svelare.
Foto Laila Pozzo