Il quarantenne Davide, il defunto padre Raffaele, lo sconosciuto e attempato Giovanni. Attorno a tre uomini così diversi si sviluppa la storia di questa fortunata commedia che Juan Carlos Rubio ha scritto nel 1999 ottenendo subito grande successo di pubblico, fino alla versione cinematografica del 2017 e alla serie tv del 2021. In scena al Teatro Elfo Puccini di Milano (corso Buenos Aires 33), per la regia di Alessio Pizzech, nientemeno che Cochi Ponzoni nei panni di Giovanni riesce a dare verve al personaggio, privandolo di quel lato drammatico tout court e arricchendolo di sfumature inattese. Cochi è petulante e delicato, insolente e fragile, comicissimo e tragico in un’alternanza di registri e movenze da gran maestro del palcoscenico quale è. Matteo Taranto ne esce un po’ in ombra, il suo
personaggio è forzato nella fragile rabbia della paura e della scoperta dell’inatteso. In uno scrigno ben protetto da un lucchetto, infatti, Davide ha trovato le lettere appassionate d’amore di Giovanni per suo padre. Ora che è mancato, in lui si fa viva l’urgenza di capire chi fosse davvero quell’uomo così ordinato e ordinario, che forse non aveva conosciuto mai. Si mette sulle tracce di Giovanni, che ora lo respinge ora gli apre il cuore, mostrandogli le tracce di quell’ossessione amorosa ricambiata in modo così gelido con l’invio di lettere vuote per trent’anni.
Tante le tematiche sul piatto, la (ri)scoperta dell’identità dei propri genitori diventa necessaria a delineare di riflesso la propria, mentre una vita bloccata all’ombra di cotanto modello paterno di equilibrio razionale ritrova slancio proprio scorgendone l’umanità contraddittoria. E poi quell’amore così ossessivo che osa dire il suo nome coraggiosamente, ma come un’eco che riecheggia nel vuoto, perché dall’altra parte c’è il silenzio di una pagina bianca in una busta. Se amare non è essere amati, allora il figlio smarrito e l’amante soggiogato dalla cieca passione possono divenire alleati della riscoperta di sé grazie alle ceneri del defunto.
La regia rapidissima e cinematografica toglie un po’ della lentezza meditativa del gesto teatrale, ma il risultato è una rapida condensazione di spunti che si profilano nella riflessione del riguardante fuori dalla sala. Un testo agile dal meritato successo.