Ecco un altro spettacolo scaldatiano. Ancora a Palermo e nel bel mezzo di una pesante crisi finanziaria che sta mettendo in ginocchio il Teatro Biondo e drammaticamente in forse il suo futuro. Raccontiamo di “Inedito Scaldati”, prodotto appunto dal Biondo in collaborazione con il collettivo “Teatro Metropopolare” di Prato. Drammaturgia e regia sono di Livia Gionfrida che, dopo il Pinocchio prodotto dallo Stabile di Catania, di nuovo si cimenta con l’opera questo grande artista scomparso nel 2013. In scena ci sono Melino Imparato, Oriana Martucci, Paride Cicirello, Daniele Savarino. Questa volta però è necessario evitare il rischio dello stucchevole, interrogandosi per l’ennesima volta sulla possibilità di mettere in scena (ed eventualmente come) i testi di Franco Scaldati: questo autore non può essere soggetto a nessuna filologia teatrale perché la peculiare dimensione performativa impedisce che i suoi spettacoli possano essere replicati senza di lui. E d’altro canto non è corretto né
effettivamente possibile giudicare uno spettacolo se non per quello che è e non per il tasso di fedeltà o di adesione a un modello o a un archetipo. Allora che cosa ha creato Livia Gionfrida? Come ha lavorato? Ha fatto una cosa semplice in fondo, ma allo stesso tempo profonda e rispettosa dell’inafferrabile grandezza di questo autore: si è presa il tempo giusto, lo ha ascoltato e studiato, ha studiato a fondo la storia e soprattutto la geografia (fisica, culturale e politica) del suo universo teatrale e poetico (a questo punto è opportuno cominciare a separare analiticamente l’aggettivazione e questi due aggettivi non son sinonimi), ne ha con pazienza imparato la lingua e con questa ha creato uno spettacolo nuovo. Nuovo, come può e deve essere nuovo un figlio rispetto alla vicenda vitale e culturale dei genitori che pure restano vivi in lui. Ecco allora “Inedito scaldati”: il testo è una nuova drammaturgia e “nuova” significa scritta ad hoc da Gionfrida utilizzando integralmente la lingua teatrale di Scaldati e alcune illuminazioni tratte dal Macbeth di Shakespeare e da Ombre folli, dal libro notturno, da La notte di Agostino il topo e da Frammenti inediti e pensieri di Scaldati. Una drammaturgia che implica una vicenda inedita e autonoma: un poeta vecchio, appartato, solitario, vive in un disastrato interno condominiale di un quartiere periferico (scene e costumi di Emanuela Dell’Aglio) e prova a trasformarsi nel demiurgo di una poesia senza rime e allettamenti letterari, di una poesia concreta e smarrita che s’interroga su sé stessa e sul ruolo marginale, se non totalmente superfluo, del poeta nella società contemporanea. Un poeta che, aggirandosi tra fantasmi shakespiriani e piccoli. segreti abitatori di quell’apocalittico disastro (la lavascale, il disabile, il muto, il topo), prova a trasformare un giovane disabile in un fantasma di Macbeth, con tutto quel che di sordido e di fecondo, di violento e di tenerissimo, di tragicomico e di teatralmente significativo ne consegue. Gli attori in scena appaiono consapevoli del senso di questa operazione, della sua dimensione di critica estetica e sociale, e contemporaneamente immaginifica e meta-teatrale, e confermano in scena l’intuizione e l’impostazione della regia. Melino Imparato attraversa con sicurezza territori teatrali che sente profondamente suoi e, proprio in questo, corre i maggiori rischi rispetto all’autonomia di questo lavoro dagli archetipi scaldatiani, mentre gli altri tre attori sembrano più concentrati e consapevoli della grandezza dell’impresa e della potenza e concentrazione che sono loro richieste. Spettacolo importante, in scena nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo dal 23 marzo al 3 aprile.
Inedito Scaldati
testi di Franco Scaldati. Drammaturgia e regia Livia Gionfrida. Con Melino Imparato, Paride Cicirello, Oriana Martucci, Daniele Savarino. Scene e costumi di Emanuela Dall’Aglio. Consulenza per il suono Serena Ganci, assistente alla regia Giulia Aiazzi. Produzione Teatro Biondo Palermo in collaborazione con Teatro Metropopolare.
Foto Alessandro D’amico.