Questo spettacolo del Teatro Valdoca, il loro più recente, è una sorta di ricognizione al e del confine, che, abbandonate le sicurezze di ogni nostra Fortezza Bastiani, si addentra nei territori incerti della identità, di ciò che, silente, ha costruito la nostra, ogni nostra identità tra imprinting sociale e ribellione personale. Corpi di confine dunque, tracciati e rintracciati dalle parole liricamente gestanti e generatrici della drammaturga Mariangela Gualtieri che ne mostrano limiti e finetezza e insieme l'infinito, mentale e spirituale, razionale e sentimentale, che oltre quel confine si apre. È uno spettacolo che Cesare Ronconi crea e compone in scena per sottrazione progressiva di quel magma poetico che, come un fiume di lava, erutta dai vulcani della nostra mente e senza il quale la concretezza nera di pietra dei corpi che popolano la terra, come le pendici dell'Etna, non avrebbe alcun senso. I corpi si decantano e occupano, fisicamente materici, la scena e da essi la parola non si produce, non esce,
come la luce da un “buco nero” di gravità perduto nello spazio, nel piccolo spazio interiore e nell'infinito spazio esteriore. Pinocchio, favola oscura per antonomasia, per la sua atmosfera ma anche per il suo pluristratificato significare, è la porta per entrare in questo limite, è la via verso il confine, sopportando Pinocchio su di sé l'intimità del nascere diverso e l'impalcatura pesante del vivere sociale, della regola e della maschera che ce lo nasconde (consolandoci del suo essere in fondo “noi”).
Ma alla fine è pur sempre il testo drammaturgico, la parola ad essere la lampada che illumina, trasfigurata e deformata, trasfigurante e deformante ma profondamente lirica, specchio e traduttore inesauribile dei nostri sentimenti e dei nostri pensieri più intimi, quando sa andare, come in questo caso, oltre sé stessa.
I corpi in scena dei performer sembrano così aver assorbito e nascosto quelle parole, ma solo così hanno trovato un senso (significato e direzione insieme) al loro coreutico movimento, sempre ad un passo dalla tranche.
Solo la Fatina di Chiara Bersani (un corpo fuori dall'ordinario che, scrive Gualtieri, “ha suscitato in me un dire quasi infinito”), solo la Fatina dicevo, limes trasparente tra onirico e reale, conserva e manipola la parola, come una bacchetta magica che proietta attorno a sé la vita di ogni personaggio e anche di ogni spettatore astante.
La sua voce, volutamente deformata, arcaica e amplificata, è quella della stessa Mariangela Gualtieri, seduta nelle prime file liberate della platea, quasi a farci da Virgilio in questo strano viaggio.
Al centro di tutto, custodito nel testo che è a sua volta custodito nella drammaturgia in movimento, resta l'amore (che muove il cielo e l'altre stelle?), il fuoco che bruciando può alla fine concederci, nel sacrificio, la sincerità e la verità che cerchiamo, l'essenzialità dell'esistere, sempre più violentata e dimenticata, di ogni essere umano.
Perché: “E poi c'è l'amore. Capitolo enorme gigante. / Che dirti? Che dire? L'umano va ben sostanziato / impastato di questo elemento chiamato amore / Se no viene bruttissimo dentro.”
Uno spettacolo intenso, elaborato in ogni sua parte con efficacia, tra suono e danza, trasfigurazione e musica, che come la favola che lo ispira produce anche angoscia, volendo peraltro guidarci alla elaborazione di quella stessa angoscia.
Visto il 14 aprile ospite, nella sua tournée italiana, di ERT Teatro all'Arena del Sole di Bologna. Sold out e tanti applausi.
Regia, allestimento e luci Cesare Ronconi, testo originale Mariangela Gualtieri, con Chiara Bersani, Silvia Calderoni, Mariangela Gualtieri, Matteo Ramponi e con, al canto Silvia Curreli, Elena Griggio. Musiche dal vivo di e con Attila Faravelli, Ilaria Lemmo, Enrico Malatesta, collaborazione luci Stefano Cortesi, suono Andrea Zanella, Michele Bertoni, costumi Cristiana Curreli/ReeDo Lab,
scultura in legno Maurizio Bertoni, oggetti di scena Mariacristina Navacchia, dipinti di scena Luciana Ronconi. Cura e ufficio stampa Lorella Barlaam, consulenza amministrativa Cronopios.
Produzione Teatro Valdoca, Emilia Romagna Teatro Fondazione in collaborazione con L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza Emilia-Romagna; AMAT e Comune di Ascoli Piceno nell’ambito di “MarcheinVita. Lo spettacolo dal vivo per la rinascita dal sisma” progetto di Mibact e Regione Marche coordinato da Consorzio Marche Spettacolo.
Foto Simona Diacci