“Un letto fra le lenticchie” fa parte di una raccolta di monologhi, “Talking Heads” scritta negli anni ’80 per la BBC da Alan Bennett, e più tardi riadattati dall’autore per il teatro. Drammaturgo e sceneggiatore britannico, laureatosi in Storia a Oxford, è stato docente di Storia medievale sino alla fine degli anni Cinquanta, quando ha lasciato l’università per il teatro; ha portato in scena la sua prima commedia, Forty years on, nel 1968. Bennet nelle sue opere, racconta le avventure dei suoi antieroi con uno humor tagliente, trattando tematiche anche drammatiche ma sempre in tono lieve e ironico dissacrante come nel caso della protagonista del monologo che vive una vita alla ricerca di ciò che ha perduto e si rifugia nell’alcol per annegare la solitudine e le delusioni. Susan, moglie di un vicario è una narratrice forse inesperta, non interamente consapevole. Crede che solo la commessa dello spaccio sappia che lei è alcolizzata e invece lo sa tutta la parrocchia. Ma il suo sguardo è disincantato, limpido e acuto nel capire i rapporti che intercorrono tra gli abitudinari fedeli e il vicario, tra lei e le altre donne di chiesa, tra lei e il vicario. Non ha nessun rapporto con la comunità, è isolata da tutti e questa sua solitudine
le consente di vederli nella loro reale meschinità. La sua confessione è senza confessore. L’unico incontro, l’unico sguardo sincero e aperto lo vivrà con un giovane uomo, straniero ed estraneo a tutto il piccolo mondo bigotto che ruota intorno alla chiesa. Licia Maglietta porta sulle scene questo personaggio con la forza e la dolcezza che ha caratterizzato la sua carriera. È una delle attrici italiane più intense ed espressive. Unisce ad una sua peculiarità mediterranea, una sorte di straniamento che le permette di lasciare memoria e traccia in tutto quello che fa, enigmatica e carismatica è un’attrice che domina la scena e trattiene lo spettatore sul filo. In scena un altro personaggio, una grande arpa che con note melodiose e distaccate sottolinea i passaggi chiave del testo. Diane Peters, ha trascritto per arpa alcuni brani per organo nati, ma poi mai utilizzati, per cerimonie ecclesiastiche. Diane stessa è diventata uno dei personaggi descritti nel testo, si è inserita nel monologo con grazia e talento e ha arricchito tutta la partitura, con altri suoi brani. Affianca la protagonista con sguardi ironici e melanconici. A sua volta Licia Maglietta, con gesti misurati e composti con espressioni del volto ricche ed efficaci, stringendo nelle mani fiori secchi, rivela un mondo, quante donne vivono una vita senza amore? Quante donne non hanno la forza per ribellarsi? Riconoscere e curare i fiori veri, rari, che incontriamo lungo il nostro cammino, questo il messaggio profondo del testo. Curare i semi, che siano lenticchie, che siano girasoli o semplicemente quelli che porta il vento. Coltivare gli amori e le nostre passioni, fuggire il presente ossessivo e guardare al futuro con la speranza di una mente sempre innamorata della vita. Ancora una volta il Teatro No’hma, Spazio Teatro Teresa Pomodoro, rivela sorprese uno spazio completamente gratuito per un teatro che sa parlare a tutti, sempre connesso con il mondo, in grado di intercettare e condividere ideali, speranze, sogni. “Un palinsesto che vuole arrivare alle compagnie di tutto il mondo e allo stesso tempo individuare e presentare le migliori proposte della scena nazionale. Divenire sempre più uno spazio di relazioni e di sollecitazioni culturali, a dimostrazione ancora una volta di quanto il Teatro No’hma sia un luogo di dialogo, di inclusione sociale e narrazione di comunità”.
Milano, Teatro No’hma 12 giugno 2022