Esistono dei rivoluzionari conservatori, ovvero degli innovatori tradizionalisti? Ricordando Peter Brook, la sua vita artistica ed i suoi insegnamenti, verrebbe da dire di sì per la sua capacità, quale vero e proprio 'facitore' di teatro, di stare a lato delle convenzioni creative senza abbandonarle, anzi sapendole usare, senza diventarne prigioniero, per costruire a partire da un linguaggio comune e percettibilmente condiviso nella sua immediatezza, un percorso nuovo che quel linguaggio trasfigurava e traslava, oltre e insieme. Secondo i suoi biografi avrebbe voluto fare cinema, ove peraltro non sono mancate sue prove eccellenti, ma non riuscendo ad esordire 'capitò', per sua e soprattutto nostra fortuna, al teatro, che segnò in maniera non abituale percorrendolo anche fisicamente da nord a
sud, da ovest ad est. Non bastano queste poche righe per mostrare quello che era la sua estetica e la sua poetica, più che teatrale, 'dentro' il teatro, essendo esse con questo così impastate da essere difficilmente distinguibili. Basterà dire oggi dell'importanza da lui attribuita all'attore nella costruzione dello spettacolo (già colta nello Shakespeare con cui cominciò a calcare le scene), non in sé, a differenza dell'altro suo coetaneo innovatore Grotowski con cui condivide molto dello spirito di quei tempi, ma sempre in funzione della rappresentazione e dunque del pubblico, fattore ultimo ed essenziale per la sua creatività. Si sa che, alle prime, Brook amava stare in platea guardando il pubblico, non gli attori. A seconda delle reazioni degli spettatori sapeva o meno di aver ben costruito. Forse infatti era costruire più che creare il verbo che gli si addice. William Shakespeare ha vissuto tutta la sua vita tra Londra e Stratford-upon-Avon eppure è forse il più grande viaggiatore del teatro di ogni tempo, un viaggiatore della mente al cui porto accogliente approdavano pellegrini da ogni dove. Peter Brook è stato un grande viaggiatore che, al contrario, ha anche pellegrinato per le terre, esotiche o vicine, che ha portato sulla scena. Da Tito Andronico al Marat/Sade, dal Mahabharata al quasi dimenticato film “Il Signore delle Mosche”, Brook ha attraversato, tra cinema, teatro e anche televisione, mezzo 900 e un quinto di questo nostro ancora enigmatico XXI secolo. Anche ora che ci ha lasciato rimane uno dei pochi che ci può aiutare a capire l'uno e l'altro.