Guardare il mondo con gli occhi di un bambino e provare a capire le dinamiche della realtà che ci circonda senza includere tra essere la presenza ineludibile, e devastante, del male. È questo sostanzialmente l’assunto fondamentale di “Quel santo di mio padre” lo spettacolo di e con Giuseppe Brancato, prodotto dalla compagnia Nave Argo, che si è visto giovedì 21 luglio scorso, in Sicilia, a Caltagirone (nel Cortile interno dell’Istituto San Giuseppe). L’autore, regista e interprete è un artista specializzato soprattutto nel teatro per bambini e ragazzi e in questo caso è alla sua prima prova di teatro a tutto tondo. Ecco che cosa accade in scena: in un paesino della più profonda provincia siciliana anni ’70, un bambino Salvatore Spanò, vive la sua infanzia immaginando prima e poi credendo fermamente che il padre Mariano sia un santo: lo rispettano tutti infatti e lo ossequiano, nel paese suo figlio e sua moglie (Lucia, giovane, bellissima, devota, sposata in seconde nozze) sono sempre oggetto di gentilezza e di totale disponibilità, è capace di
risolvere velocemente (e talvolta misteriosamente) i problemi di chiunque si affidi a lui. Ma quell’uomo, quel maschio, quel padre, è un mafioso, un delinquente, un killer e un violento. Violento fino al gesto estremo che conclude lo spettacolo e che non è il caso di rivelare. Tuttavia il paradosso in cui vive il bambino è il territorio su cui si sviluppa per intero e in tutte le sue tonalità la tessitura drammaturgica di questo spettacolo.
Si tratta di un monologo che, accanto alla voce principale del piccolo Salvatore, ingloba le voci di diversi personaggi e presenta luci e ombre. Tra le ombre: l’eccesso di motivi che vengono associati all’asse drammaturgico centrale (la violenza di genere, il moralismo ipocrita della cultura cattolica della provincia italiana, il rifiuto violento della diversità, la protervia maschilista, la cultura mafiosa e omertosa, l’amicizia nella diversità); la prevedibilità eccessiva del disegno dei personaggi e una certa comicità facile che tende al macchiettismo; le musiche abbastanza scontate e usate più come “colonna sonora” che in concreta funzione scenica. Nulla di grave e irrimediabile nel contesto di un’opera prima. Tra le luci invece: la profondità dell’assunto culturale e politico; il gusto raffinato del paradosso; la leggerezza con cui è sviluppato il monologo, nonché il ritmo incalzante e la verve della recitazione che rendono divertente e godibile ogni segmento di spettacolo.
QUEL SANTO DI MIO PADRE
Scritto, diretto e interpretato da Giuseppe Brancato, con l’amichevole partecipazione in voce di Nicole Grimaudo. Disegno luci di Fabio Maugeri, organizzazione generale di Fabio Navarra. Produzione di Nave Argo associazione culturale.
Foto Nave Argo.