Jacob Brunowski, per amici e familiari “Bruno”, nacque in una famiglia polacca che presto abbandonò il paese per trasferirsi in Gran Bretagna dove egli si laureò in matematica. Bruno fu uno scienziato atipico e versatile, capace di far convivere armoniosamente le scienze con la poesia, gli scacchi e la filosofia. Egli fu anche una sorta di Piero Angela britannico, partecipando a varie trasmissioni di divulgazione scientifica per la BBC e realizzando nel 1973 la famosa serie The Ascent of Man, dedicata all’evoluzione dell’essere umano. Un personaggio affabile e rassicurante, colto e curioso e che, nondimeno, celava un’opaca vicenda del proprio passato, ovvero la propria collaborazione, durante la Seconda guerra mondiale, a un progetto segreto finalizzato a ottimizzare i risultati dei bombardamenti alleati sulle città tedesche. Ed è proprio su quell’esperienza che si concentra il play dell’inglese David Byrne – drammaturgo e regista, fondatore del londinese New Diorama Theatre - scritto nel 2018 e ora
tradotto in italiano e messo in scena dai toscani di LST Teatro.
Il dramma oscilla costantemente fra passato – “Bruno” a Cambridge assoldato dal governo inglese e poi, decenni dopo, ammirato divulgatore scientifico ma anche, dopo la sua morte, la scoperta da parte della vedova dei trascorsi del marito – e il presente – il nipote sedotto da una giovane ricercatrice che, per salvare il posto all’università, mira a entrare in possesso dei documenti segreti dello scienziato. Una coesistenza di piani temporali differenti oggettivata dalla regia per mezzo del ricorso a una scenografia segmentata in più spazi divisi da pannelli movibili e a un parco utilizzo di video e voci fuoricampo.
Il testo, percorso da intelligente e pungente ironia nonché da indubbio humour britannico – quest’ultimo non sempre efficacemente reso nella versione italiana, forse a causa di quell’innegabile scarto nell’attitudine al mondo fra “nordici” e “mediterranei” che è anche causa dello scarso successo, salvo poche eccezioni, della drammaturgia britannica contemporanea in Italia – riesce ad affrontare questioni universali partendo da vite individuali, quella certo tutt’altro che ordinaria di Bruno ma anche quella quasi banale della ricercatrice.
Rifacendosi implicitamente al titolo dell’opera più famosa dello scienziato, The Ascent of Man, Byrne si interroga, da una parte, su cosa abbia reso delle scimmie nude degli “esseri umani”; dall’altra, sulla presunta linearità di quel processo di “umanizzazione”, contraddistinto tanto da strabilianti e geniali innovazioni quanto da atroci brutalità. L’autore non offre risposte ma, con pragmatica e lucida consapevolezza, ritrae l’intrinseca schizofrenia dell’essere umano, capace di raffinate speculazioni quanto di istintuali villanie.
Ecco dunque la sostanziale bonarietà con cui plasma i propri personaggi, tanto quelli “storici” – Bruno, la moglie ma anche l’inviato del governo che lo assolda – quanto i due giovani contemporanei. Un atteggiamento mutuato pure dalla regia di Manfredi Rutelli, che, ben assecondato dai propri attori, riesca a sottolineare la difettosa umanità degli uomini e delle donne in scena: le meschinità – la proditoria seduzione del nipote di Bruno; la vergogna che spinge lo scienziato a serrare in una stanza segreta le carte relative al proprio passato – così come l’entusiasmo – per la ricerca e lo studio - e la generosità – nella divulgazione e nella condivisione.
Merito allora alla compagnia toscana per aver scelto un dramma fertilmente interrogante, tanto più stringente e ficcante quanto lontano da retorica e luoghi comuni a cui, nondimeno, sottrae a tratti limpida efficacia nella messinscena un certo didascalico naturalismo.
Testo di David Byrne. Traduzione di Gioia Battista e Alessandro Waldergan. Regia di Manfredi Rutelli. Scene e costumi di Domenico Franchi. Disegno luci di Alessandro Martini. Tecnico luci Simone Beco. Musiche originali e paesaggio sonoro di Paolo Scatena. Video di Andrea Cocchi. Con Clara Galante, Gianni Poliziani, Francesco Pompilio, Alessandro Waldergan, Enrica Zampetti. Prod.: LST Teatro, con il sostegno di Zaches Teatro, Teatro Fonderia Leopolda di Follonica, Teatro Caos di Chianciano Terme; con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze
Visto al Salone delle Arti – Cecchi Point di Torino il 14 settembre 2022 nell’ambito dell’Earthink Festival.
Foto di Luca Matassoni