Ennesimo appuntamento di rilievo anche internazionale alla rassegna festival “Testimonianze ricerca azioni” del Teatro Akropolis. È ritornato infatti in scena a Genova, martedì 12 aprile, il Living Theatre con questa drammaturgia del suo ultimo epigono, l'americano Gary Brackett che incontra il Living oltre vent'anni fa per diventarne direttore artistico in Europa
Più che una drammaturgia è un vero e proprio progetto teatrale, nel solco della migliore tradizione de Living, progetto che dall'aprile 2010 sviluppa attraverso i suoi laboratori e le sue continue contaminazioni, di luogo, di contesto e di struttura narrativa, un discorso articolato e sempre in farsi, nelle diverse contingenze, intorno al significato e alle prospettive della presenza e del ruolo dell'umanità nel mondo. Portando ben impresse su di sé le stimmate della creazione collettiva, con i suoi scarti occasionali e le improvvise aperture ad un presente di relazioni sempre diverse e a volte sorprendenti, vede in scena oltre allo stesso Brackett, che cura anche regia e luci, Giulia Scarselli, Alessandra Valzania e David Copley, del Living, insieme a tutti i partecipanti al laboratorio teatrale che come di consueto accompagna ed integra le performances più propriamente teatrali della compagnia. Per sviluppare la drammaturgia Brackett utilizza un'occasione narrativa insieme semplice e complessa nelle sua deduzioni, il supposto rapimento di un sociologo da parte di un gruppo di ecoterroristi che lo sottopone ad un duro processo. Denudato fisicamente, ed insieme simbolicamente delle proprie certezze ideologiche e razionalistiche, questo sociologo, Bracket stesso, è posto così al centro di una ribalta in continuo movimento e mutamento, in cui si alternano e si confondono le tensioni e le contrapposizioni della storia e della politica, con le intime incertezze e debolezze del protagonista, costretto ad un percorso a ritroso verso il passato e, soprattutto, dentro a sé stesso. È un percorso che, proprio utilizzando e organizzando la sintassi scenica e narrativa attorno alle modalità segniche, simboliche e anche, come dire, grammaticali della tradizione del Living, tese a tradurre i movimenti corporei da semplici segni in portatori di linguaggio, non può che essere di liberazione, una liberazione che alla fine 'deve' coinvolgere anzi affascinare ed ipnotizzare tutti, attori, partecipanti al laboratorio e pubblico in una definitiva caduta degli schemi e degli schermi che ci rappresentano e ci separano in ruoli non comunicanti. Lo spettacolo, che la domenica precedente è stato presentato, alla Villa Bombrini di Genova Cornigliano, nella sua versione 'urbana', è certamente di forte impatto visivo e cinetico, anche se, nell'interpretazione che Brackett dà del vocabolario tradizionale del Living Theatre, sembra concedere, rispetto al senso molto fisico e quasi sciamanico che emanava da Juliana Beck e Judith Malina, uno spazio eccessivo alla declinazione verbale della narrazione che talora appare eccessivamente verbosa, e talora un po' scoordinata e anche contraddittoria rispetto alle dinamiche attivate dai movimenti scenici, intimamente e quasi gelosamente corporei. D'altra parte, al di là di quelle debolezze un po' calligrafiche, la drammaturgia è risultata coinvolgente per il pubblico che ha partecipato numeroso e che, in buona parte, stentava ad abbandonare il luogo dell'evento.
Green terror
- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 4304