A Roma si è appena conclusa la XII edizione del Festival INVENTARIA - La festa del teatro off, organizzato dalla compagnia DoveComeQuando, composta da Flavia Germana de Lipsis e dal suo direttore artistico Pietro Dattola. “Potere del teatro off: azione!”, sottotitolo di questo importante evento, ha fatto da sfondo a tutte le 14 serate del festival, rispecchiando a pieno la necessità e il bisogno di chi vi ha partecipato di vivere il teatro off in tutte le sue sfaccettature e particolarità. Chi ha voluto contribuire alla promozione di un teatro lontano dai circuiti ufficiali, lo ha fatto all’interno di una realtà indipendente, autofinanziata e sostenibile, che ha deciso di promuovere i suoi spettacoli in spazi alternativi, in grado di dare il giusto rilievo a una scena artistica in costante ricerca di nuovi linguaggi e possibilità di azione. Teatro Trastevere, Teatrosophia, Fortezza Est e Carrozzerie n.o.t., punti di riferimento per numerose realtà artistiche e culturali presenti nella capitale, grazie ai loro spazi raccolti e a quella rara capacità che hanno alcuni posti nel farti sentire a casa, hanno contribuito a un aspetto da sempre caro a questo festival: far sentire le persone parte di qualcosa. 14 serate, 20 spettacoli dove la varietà ha
fatto da cardine. Si sono alternate le più disparate esperienze teatrali, con una pluralità di tematiche affrontate, generi, stili e linguaggi, dove però il comune denominatore rimane sempre lo stesso: qualcuno in scena e qualcun altro presente che lo ascolti.
A tal proposito, uno dei primissimi spettacoli andati in scena durante la rassegna, Barbie e Ken - Riflessioni su una felicità imposta, ha reso l’interazione tra attori e pubblico uno degli elementi necessari per la realizzazione della messa in scena.
Sul palco spoglio del Teatro Trastevere, una luce fioca illumina appena due figure immobili costrette dietro un telo di cellophane. Sono la coppia più famosa al mondo, Barbie e Ken, riposti sullo scaffale del Toys Center.
Abilmente interpretati da Letizia Buchini e Filippo Capparella, i due giocattoli, creati dall’uomo a «sua immagine e somiglianza», tentano di portare in scena il loro esemplare rapporto di coppia, l’immagine impeccabile della famiglia ideale: «Barbie e Ken, Ken e Barbie un amore inseparabile».
La loro vita perfetta però ha un primo involontario momento di frattura e senza che se ne rendano conto, pian piano cominciano a mettere in dubbio la loro realtà, iniziando così a chiedersi se quella visione limitata della vita, all’interno della scatola, possa bastargli.
Non riuscendo più a sostenere un’esistenza scandita da comportamenti stereotipati indotti dal loro ruolo di “modelli”, decidono di scardinare le regole del gioco, avvicinandosi sempre di più alla conoscenza di una condizione umana che alla fine però li porta all’autodistruzione.
Attraverso una recitazione incalzante, caratterizzata da uno scambio di battute dalla velocità a tratti asfissiante, Barbie e Ken interrogandosi sulla loro condizione di bambolotti, finiscono per mostrarci quanto questa in realtà sia rappresentativa anche di noi e dei nostri tempi.
Avvalendosi della rottura della quarta parete, mentre l’intento di questo spettacolo consiste nel coinvolgere attivamente lo spettatore, esortandolo alla riflessione sulle debolezze e le contraddizioni della nostra società, altre proposte del festival scelgono di portare sul palco le fratture e le fragilità del singolo.
Sembra Amleto, ci provoca con una imperfetta ricostruzione del dramma Shakespeariano, dove il principio sta proprio nella fine, quando terminata la tragedia è solo il personaggio che muore, non l’uomo.
L’Amleto di Francesco Zaccaro, negli ultimi attimi della sua vita, sceglie di gettare a terra la maschera del personaggio per farsi finalmente carne viva sul palco in cerca di espiazione.
Allo stesso modo Un comune immortale, di e con Alessandro Colombo, ci racconta la storia di una delle figure più discusse e controverse dello sport italiano, Andre Agassi e del suo riscatto.
Cascando!, portato in scena da una magnetica Flavia Germana de Lipsis, riesce a trascinarti in un punto, forse il più profondo dell’ animo umano, dove sogno e realtà a volte si incontrano.
Buio in sala, un leggero bisbiglio simula il frusciare del vento che sbatte contro le ante di una finestra. Una donna con un pigiama rosso non riesce a dormire, si chiama Anna.
Improvvisamente, una musica dance irrompe in questo luogo indefinito e Anna, strappata al buio della sua stanza, affida a questo frastuono il tumulto dei suoi pensieri e l’affollarsi delle ansie che agitano il suo sonno.
Cascando! (foto Davide Peluso), è un testo complesso che ci mostra un’umanità fragile e indifesa, una donna che non ha ancora imparato a camminare dritta come gli altri e che piuttosto si sente solo “cadere”.
Anna, spogliata di tutte le sue sicurezze, nella sorda necessità di riempire le paure primordiali della solitudine, del vuoto e della morte, ci accompagna nella sua notte insonne attraverso un flusso irrefrenabile di pensieri e di domande esistenziali: «Se galleggio senza andare a fondo ti sembra poi la fine del mondo?».
Chi ha potuto assistere a questo piccolo capolavoro ha avuto la fortuna di essere trasportato in un luogo senza spazio e senza tempo, dove molto labile è il confine tra presa di coscienza e follia, dove non è chiaro quando inizi la dimensione onirica e finisca la realtà.
Stessa atmosfera la riviviamo durante lo spettacolo Figli, in cui Edoardo Barbone, nel ruolo di Andrea, ci conduce tra gli affetti e i rimpianti di un’infanzia ormai passata, portando questa volta in scena la forza dei suoi ricordi.
In Io ed Emma, scritto e diretto da Valentina Cognatti, rivivere il passato permette a due donne, Emma ed Irene di ritrovarsi dopo anni di silenzi.
Sin dall’inizio ci viene raccontato un rapporto ormai da tempo lacerato, una madre e una figlia che a stento riescono a stringersi in un abbraccio; due donne che non sono più in grado di parlarsi e di rivelare l’una all’altra le verità che si celano dietro al loro rancore.
Irene ha scoperto di essere incinta ma non è sicura di voler tenere il bambino e confessa ad Emma la sua paura più grande, diventare una madre come lei.
Tra le due ha inizio uno scontro durissimo, ma necessario, in cui grazie all’intercedere di ricordi lontani, finalmente madre e figlia, ripercorrono insieme il loro doloroso vissuto e le diverse fasi del loro rapporto.
Grazie a un semplice ma efficace disegno luci e all’uso sapiente della musica, sulla scena prende vita un nuovo racconto, dove la dolcezza del ricordo di Emma insieme alla sua bambina si scontra con l’orrore della violenza domestica.
Interpretata da una straordinaria Loredana Piedimonte, Emma trova finalmente il coraggio di raccontare alla figlia un vissuto di violenze e abusi da cui ha sempre cercato di proteggerla: «È per questo che mi odi? Perché non te l’ho detto?», «Perché non sei stata sincera».
Un lavoro diretto e interpretato da sole donne capace di portare in scena le atrocità della violenza di genere con delicatezza; un testo essenziale recitato con assoluta sincerità che non ci dà la possibilità di rimanere indifferenti, ma ci lascia con gli occhi umidi e il cuore rotto.
È così che ci ha fatto sentire Festival INVENTARIA - La festa del teatro off, coinvolti e accolti in una realtà dove la distanza tra attore e spettatore si dissolve, dove forse la quarta parete neanche esiste, dove lo spettacolo non ha mai fine e continua a vivere a oltranza nelle parole di chi, tra un bicchiere di vino e l’altro nel foyer del teatro, sente il bisogno di condividere le suggestioni della serata.