Cattura la scena e vi si sovrappone, imponendosi come una dinoccolata Marionetta, senza ossa, senza articolazioni e senza fili, ma con una personalità singolare che sembra nutrirsi di ciò che la circonda, dentro ma soprattutto oltre il palcoscenico. Per questo, io credo, la categoria drammatica che meglio si esprime in Antonio Rezza non è quella del comico, ovvero del grottesco, bensì quella del tragico, nel senso più profondo e antico, nella sua persistenza, che tale categoria contiene. Non tanto un fool shakespeariano dunque, quanto un corpo che nei confini della rappresentazione sembra svuotarsi di sé per farsi riempire ed attraversare dallo spirito del tempo (presente), termine desueto questo ma quanto mai appropriato, per poi restituircelo nella sua sincerità. Come un demone antico, chiuso nelle maschere da teatro “No” che la sua intensa fisiognomica ci trasmette, lo fa senza alcuna cattiveria programmatica ma con l'ingenua verità di una infanzia perduta, ed in questo ancora più necessaria, con la naturalezza che non ci risparmia le spine del dolore ma ci consente di man mano elaborarle per sopportarle. Non al modo di tanto teatro 'arrabbiato' e crudele, da Bernhard a Jelinek,
ma con altrettanta, tagliente, efficacia. Cacolalie, blasfemie (tra molte virgolette) ed esplicite immagini sessuali diventano così esercizi ludici di apprendimento e di consapevolezza del sé, in una deformazione grottescamente quasi barocca che illumina quell'oscuro che fa parte di noi.
Del tragico, poi, porta con sé anche una esplorazione catartica di territori della mente e di comportamenti verso i quali proviamo innanzitutto imbarazzo, ma con cui è ineludibile fare costantemente i conti.
Gli spettacoli di Antonio Rezza, e anche questo certamente, fanno ridere sempre, a scena aperta e anche oltre ogni impedimento mentale, ma è il riso come etica o didattica liberatoria che suggerisce Bergson, il solo che può medicare anche le ferite aperte dalla crudeltà (teatrale) alla Artaud, un riso dunque che il potere, anche quello odierno, considera assai più pericoloso del pianto, basti in ciò la suggestione del “Nome della Rosa” di Umberto Eco.
Rezza è un artista in continuo movimento, ma non soltanto mentre sulla scena adempie al suo rito espressivo, ma anche in quanto evolve in quel rito e nei modi in cui esso viene rappresentato, un dinamico divenire che ne modifica i termini e una sintassi che non è mai prigioniera di sé stessa e delle sue regole.
Poteva infatti sembrare la sua una 'formula', e uso la parola oltre la sua superficie, rigida che poteva renderlo prigioniero, ma questo “Anelante” dimostra al contrario la forza di rinnovamento e trasformazione che quella formula custodisce.
A questa trasformazione Flavia Mastrella adatta con coerenza un ambiente scenico molto più mobile che nel passato, quasi un passaggio dall'inquadratura unica di tanto cinema classico alla 'incertezza' ritmica della camera a spalla di Truffaut.
Con Rezza quattro bravi compagni di strada che ne assecondano proiettivamente le intuizioni estetiche e narrative, in quello che sembra il trionfo dell'improvvisazione ma in realtà è il frutto di una visione e di una scrittura consapevole e consapevolmente trasferita nell'evento scenico nella sua totalità.
Uno spettacolo che, per così dire, impone partecipazione e attenzione, e anche una certa dose di alienante e giusto distanziamento soprattutto per non precipitarci dentro.
In una sala Trionfo del Teatro della Tosse di Genova molto piena, il 22 ottobre. Applausi a scena aperta e lunga ovazione finale.
ANELANTE di Flavia Mastrella, Antonio Rezza. Con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo di Norscia. Habitat: Flavia Mastrella. (mai) scritto da Antonio Rezza. Assistente alla creazione: Massimo Camilli, luci: Mattia Vigo, luci e tecnica: Daria Grispino, organizzazione generale: Stefania Saltarelli, macchinista: Andrea Zanarini, sartoria: Sara Baldazzi, metalli: CISALL. Produzione: REZZAMASTRELLA, Fondazione TPE, TSI La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello. Ufficio stampa: Chiara Crupi, comunicazione web: Silvia Vecchini
Foto Mastrella