Cronache da una prigione, si potrebbe dire, la prigione in cui siamo chiusi a causa dei ruoli e delle definizioni, verbali prima ancora che esistenziali, che determinano la nostra vita, precipitando quasi dall'anonimato di una Società sempre più sfuggente. Dentro a queste sbarre, mentali ma più robuste dell'acciaio siamo chiamati a riconscerci e a dimostrare agli altri di esserci riconosciuti, così da potere condividere con loro quella che non è una menzogna esplicita ma non è neanche una verità sincera. “Mostra e dimostra”, gioco poco educativo e anche un poco sadico in uso presso le scuole elementari degli Stati Uniti, è una sorta di lievito utilizzato da Will Eno per far maturare una confusa consapevolezza dentro un discorso esistenziale che non sembra avere la capacità di individuare una sua direzione (supposto che ci sia). Così la sua Lady Grey, misteriosa presenza, forse una attrice in attesa di andare in scena, ma comunque metafora di un luogo di identità sovrapposte, tutte sinceramente false e non è una contraddizione, è costretta ad aggrapparsi alle (sue) parole per non scomparire del tutto, mentre naviga senza bussola, ma con paradossale coerenza, all'interno del recinto della sua stessa
esistenza, tra ricordi, equivoci, sogni, speranze e delusioni.
Quello che, “con le luci sempre più fioche” (è il sottotitolo), ci mostra e dimostra sembra dunque essere se stessa, ma come corrosa da un dubbio, ingenuo e sincero, quel dubbio (stimolo e insieme metafisico pericolo dell'esistere come individui) che alla fine è l'unico pensiero che possiamo veramente condividere.
Il drammaturgo così, esponendo a un doloroso monologo il suo personaggio, espone anche non tanto sé stesso quanto noi suo pubblico (insegnante come nell'infanzia e giudice inevitabile), continuamente chiamato e cercato dalla protagonista, mentre da lui contemporaneamente sfugge spaventata.
La scrittura di Eno utilizza l'incertezza, linguisticamente percepibile nei salti sintattici e narrativi che percorrono la sua scrittura, per stanare una verità esistenziale, forse dolorosa e a volte tragica ma sempre irriducibile.
Un testo perturbante, quasi sospeso su se stesso, che la regia di Marco Macciari ben interpreta anche nella costruzione scenica spoglia ma dominata al suo centro da una sorta di sipario che circonda una poltrona quasi a metafora del palcoscenico/mondo, e che Alice Giroldini porta su di sé con grande fermezza e qualità di recitazione e movimenti scenici.
Nuovo tributo del Teatro Nazionale di Genova al drammaturgo americano, dopo Tom Pain, alla Sala Mercato di Genova Sampierdarena dal 25 novembre al 4 dicembre. Molto applaudito.
Spettacolo vincitore del Premio Miglior Spettacolo, Miglior Attrice ad Alice Giroldini e del Premio della Stampa al Roma Fringe Festival 2022.
Di Will Eno. Produzione Teatro Nazionale di Genova, Centro Teatrale MaMiMò. Traduzione Elena Battista commissionata da BAM Teatro. Regia Marco Maccieri. Interprete Alice Giroldini.
Foto Nicolò Degl'Incerti Tocci.
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