È una drammaturgia militante ed è questo, nel suo caso, un pregio per la chiarezza e la coerenza che ne discendono in un momento in cui tanto teatro è coinvolto ad occuparsi, direttamente o indirettamente, sociologicamente o metafisicamente, di 'Genere', inteso variamente come generi duali maschile e femminile nel loro rapporto conflittuale o anche, nella sua fluidità e modernità, come trans-genere o fluid. Tutto questo precipita nella interessante riscrittura di Marcela Serli che, proprio attraverso la “re-visione necessaria” (è il sottotitolo) del testo euripideo, 'prende posizione' valorizzando la capacità del teatro di ri-vedere appunto il mondo, dando qualità verbale e figurativa alle nostre profonde suggestioni, alle fratture che ci attraversano come individui e come collettività, frutto le une e le altre di un secolare depositarsi, come sul fondo di un fiume che scorre opaco, di pre-giudizi e stereotipi, di luoghi comuni e di finzioni identitarie imposte come maschere dolorose, ma anche di prese di
coscienza e ribellioni che, nel corso del tempo, puntano a tornare alla superficie di un oggi quanto mai inquieto.
Così la trama del testo affronta “Le Troiane” di Euripide, un testo che è prodromo di una visione universale della condizione femminile che scorre mescolata nel sangue delle nostre esistenze, ponendo quale discrimine politico, psicologico e metafisico la guerra, tra l'altro intrecciando involontariamente una altrettanto tragica attualità.
Dunque la “guerra” (termine che va oltre la stessa limitazione ad evento bellico) è ciò che definisce il maschio e da questo limes il patriarcato ha potuto costruire, con la forza della sua egemonia ma anche con il complice coinvolgimento delle donne stesse, una gerarchia sociale squilibrata innanzitutto nella sua scaturigine simbolica ma che tuttora informa società e individui, a qualunque dei generi, degli svariati generi, appartengano.
Uno spettacolo in cui gli strappi confermano paradossalmente la profonda fedeltà al senso della antica narrazione, che le parole moderne per così dire 'riparlano' aggiornandone la capacità di comunincarne il senso profondo.
Scorrono in quegli strappi le immagini ed i racconti di una condizione femminile ancora sotto attacco e subordinata, e quelle di altre diversità e di altri transiti (dalle migrazioni alla ridislocazione dei generi sessuali e non) che compongono un mosaico efficace.
Significativo, anche se forse non pienamente sviluppato nel contesto, l'introito, anzi un vero e proprio esergo, con cui il pubblico è accolto nel piccolo ma coerente spazio ricavato sul palcoscenico dell'Ivo Chiesa, una sorta di stereotipata conferenza di accademici nel cui andamento dissociato e sgrammaticamente(politicamente) scorretto vengono alla luce, e messi ironicamente alla berlina con chiarezza, molti dei luoghi comuni che si legano al ruolo e alla vita delle donne, ma non solo.
Poi la trama del testo tragico è fatta deflagrare facendo emergere in spazi e radure narrative il peso sostenuto dalla sofferenza al femminile, di cui si fanno interpreti corpi anche in transito ma che del femminile in un certo senso enfatizzano la carica simbolica.
Una buona re-visione drammaturgica dunque, che non sempre sfugge però essa stessa a certi stereotipi, oppositivi certo ma non approfonditi ed elaborati fino in fondo.
Un cast di segno interamente femminile all'altezza dei ruoli sostenuti, tra cui segnaliamo in particolare la giovanissima Caterina Bonetti interprete della regista in scena, in un contesto scenografico e registico soddisfacente.
Uno spettacolo, infine, spesso 'leggero' nelle forme ma abbastanza profondo nella sostanza espressiva.
Sul palcoscenico, in senso propriamente fisico come detto, del teatro Ivo Chiesa di Genova, ospite del Teatro Nazionale che ne è anche co-produttore, dall'1 al 4 dicembre. Anche un esempio di teatro di comunità dentro la collettività. Molto applaudito.
Una Produzione Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Campania dei Festival, Teatro Nazionale di Nova Gorica (Slovenia), Fattoria Vittadini. Drammaturgia e regia Marcela Serli. Interpreti Eva Robin’s, Noemi Bresciani, Ana Facchini, Ira Fronten, Luce Santambrogio, Marcela Serli, Caterina Bonetti. Assistente alla drammaturgia Giulia Trivero. Consulente grecista Marcella Farioli. Costumi Antonio Spada e Simona Venkova (studentә dell’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia). Testimonə femministe Sergia Adamo, Luce Santambrogio, Silvia Torri. Suoni Michele Pegan. Embodiment Noemi Bresciani.
Foto Salvatore Pastore