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Quando non si può più condannare direttamente una presenza sulla scena della storia, indesiderata ma che si percepisce in via di inevitabile legittimazione, allora si tenta l'ultima carta, quella che si ritiene definitiva, della negazione e della esclusione. In questa dolorosa drammaturgia Dacia Maraini racconta di una presenza femminile sulla scena dell'arte, importuna ma che non si può più ridimensionare nell'indifferenza, quella di Camille Claudel forse la più grande scultrice della storia, colpevole di invadere un campo da cui il femminile era da sempre escluso. Attraverso la narrazione di una esistenza singolare, anche se in fondo eccezionale, viene così smascherato una sorta di paradigma universale che, con la complicità di uomini e donne, si fa carne storica nel secolare progetto patriarcale di ridimensionamento, esclusione e negazione del femminile e di quello che viene chiamato suo mistero, evocando e consolidando una paurosa contrapposizione. La Camille di Dacia Maraini

aveva dunque solo quell'unica colpa, quella di essere artista di grandissimo valore e di pretendere di essere per questo giustamente riconosciuta; tanta era la sua consapevolezza che i pretestuosi rifiuti della società degli artisti e non solo provoca una rabbia, che è soprattutto una denunzia che non può essere tollerata.
Così quella rabbia consapevole e giusta, espressa anche con una violenza che era solo l'ultima sua difesa, è l'occasione e la giustificazione per rinchiuderla fino alla morte tentando di fare del silenzio la sua ultima condizione di vita.
Nella sua tragica vicenda si nasconde infatti un doppio rifiuto, che la travagliata relazione con un già maturo Auguste Rodin rende esplicito, quella della sua arte scultorea, interdetta alle donne che non 'potevano' manipolare la materia in quanto atto eminentemente maschile, e quella di lei stessa in quanto donna, costretta ad abortire il figlio dell'amante.
Rinchiusa dunque in manicomio nel 1913, con la complicità e per la volontà della madre (che in fondo interpretava un pensiero purtroppo socialmente molto condiviso) e del fratello, vi rimase fino alla morte esattamente trent'anni dopo.
Sono strazianti in proposito, e il testo con la messa in scena ne danno il giusto risalto, le lettere che da quel luogo di reclusione Camille scrive, alla madre e al fratello, soprattutto perché dalla stesse risulta chiaro come fosse totalmente sana di mente.
È una storia di “distruzione del talento femminile” che il testo della Maraini delinea con il suo consueto distacco drammaturgico, che è soprattutto un atto di consapevolezza offerto al pubblico, e con quella sua particolare scrittura materica che sembra impastata nella stessa creta, ovvero incisa nello stesso marmo, su cui lavorava la mano di Camille.
Una scrittura che consente quella resa scenica di grande qualità e profondità che è la caratteristica propria dell'intero teatro della Maraini.
Un testo emblematico, scritto nel 1995 ma sempre profondamente attuale e in cui si concentrano alcuni dei temi più dolorosi del punto di vista e dell'universo femminile, storicamente fatto di sottomissione, esclusione e negazione.
La regia di Consuelo Barilari ce lo propone in rinnovata forma di monologo in cui decantano, con efficacia, tutte le profonde suggestioni della pièce originale, con una ambientazione scenografica essenziale che la protagonista attraversa quasi fosse una mappa della sua dolente esistenza.
Molto brava Mariangela D'Abbraccio, che già aveva interpretato il ruolo della protagonista all'esordio al Festival di Spoleto del 1995, ad incarnare con grande sensibilità e consapevole partecipazione una solitaria Camille, quasi un incavo scenico in cui lampeggiano i riflessi e le ferite inferte dai co-protagonisti, avversi e anche ottusi, della sua vicenda di vita, con un effetto alienante poi enfatizzato dai video (vecchie fotografie e immagini del tempo) proiettati sul finire dello spettacolo.
Alla Sala Mercato di Genova Sampierdarena, ospite di grande successo del Teatro Nazionale e a giusto coronamento della consegna a Dacia Maraini, che ha anche assistito allo spettacolo, del “Premio Ipazia all'Eccellenza Femminile 2022” al termine di una breve e interessante tavola rotonda.
Produzione Schegge di Mediterraneo / F.E.F. Regia e immagini Consuelo Barilari, interprete Mariangela D’Abbraccio.
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