Testo pluripremiato – Premio Hystrio Scritture di Scena 2015 e Mario Fratti Award 2016 – il copione di Emanuele Aldrovandi è arrivato alla messinscena con la regia dello stesso autore e l’interpretazione eclettica e coinvolta di Bruna Rossi e Giorgia Senesi. Le due sono la Mora e la Bionda, sorelle cresciute simbioticamente da sole: la madre si è suicidata quando erano bambine e il padre – inguaribile e imperturbabile trafficone - si è rifatto una vita all’estero. Per trascorrere il tempo ma, soprattutto, per ricalibrare ognora gli inevitabili squilibri sorti nella loro relazione, tanto tenace quanto mutevole e asimmetrica, le due hanno ideato fin da piccole un gioco, legato a un particolare gioiello, una collana a forma di farfalla. Colei che la indossa può obbligare l’altra a compiere qualsiasi cosa e quest’ultima, a sua volta, può successivamente “vendicarsi” costringendo la sorella a un’azione sgradita. Un continuo passarsi il gioiello e infliggersi punizioni più o meno gravose, in un gioco privatissimo che,
accompagnando l’ingresso delle protagoniste nell’età adulta, diviene perverso strumento di manipolazione dell’esistenza l’una dell’altra. Ecco, dunque, che la farfalla, simbolo di lievità e libertà, diviene antitetico correlativo oggettivo di un meccanismo che non ha nulla di innocente né di spensierato bensì cela il reciproco desiderio non soltanto di essere nella vita della sorella, ma in primo luogo quello di indirizzarla lungo un percorso che non si allontani troppo dal proprio.
Non è quindi un caso che nel momento in cui la Bionda impone alla Mora una decisione che ne divide i destini – accetta un matrimonio combinato per salvare dai debiti il padre e si trasferisce a Palermo – le due si perdano di vista, costruendosi ciascuna un’esistenza apparentemente soddisfacente. Un lutto e, in seguito, una diagnosi infausta, le riavvicinano ed ecco che il gioco ricomincia, in un crescendo di egotica e infantile perversità, fino al drammatico e desolato finale.
Aldrovandi è dunque assai abile nel delineare due personaggi densi e stratificati, costruiti su contraddizioni e idiosincrasie, infantile malignità e matura necessità di dare e ricevere amore gratuito, snobismo e desiderio di ordinaria quotidianità. Personaggi che racchiudono in sé anche le altre figure che compaiono nel copione – il padre, la matrigna, il medico, il marito, il becchino – cui danno voce proprio le stesse interpreti, quasi fossero non creature reali bensì burattini della fiaba nera che le due sorelle si raccontano e allestiscono per sé.
Ecco, allora, che anche la messinscena – tre strutture che si trasformano agevolmente nei vari luoghi dell’azione, rosse, colore che domina l’interno allestimento – mira a bandire ogni naturalismo a favore di una dimensione di oscura surrealtà che, nondimeno, non offusca ma, anzi, pone in maggiore evidenza l’esplorazione, quasi scientificamente caparbia, degli antri bui di due umanissime anime.
Testo e regia di Emanuele Aldrovandi. Scene e grafiche di CMP design. Luci di Vincent Longuemare. Suono di Riccardo Caspani. Musiche di Riccardo Tesorini. Movimenti di Olimpia Fortuni. Con Bruna Rossi, Giorgia Senesi. Prod.: Associazione Teatrale Autori Vivi, Teatro Elfo Puccini, Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale; in collaborazione con L’arboreto Teatro Dimora, La Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna, Big Nose Production, Centro di Residenza della Toscana (CapoTrave/Kilowatt e Armunia), Fondazione I Teatri Reggio Emilia.
Visto al Teatro Gobetti di Torino il 28 febbraio 2023
Foto di Laila Pozzo