Tempo di seconda mano di Svetlana Aleksievič ha debuttato il 25 marzo, in prima nazionale, al Teatro Due di Parma con la regia di Carlo Cerciello e la drammaturgia Florian Borchmeyer. Cerciello è un regista che sa stupirsi di fronte alla realtà e sa stupire il pubblico. Intendo stupore nel senso filosofico e antropologico del termine, cioè la capacità di interrogarsi sulla vita, sulle problematiche, Cerciello, riesce in tal modo a far scaturire dal suo mondo teatrale una scintilla, che porta a contestare il mondo così come è dato e cercare uno sguardo nuovo per ridisegnarlo. In questo suo continuo interrogarsi e dialogare con i classici e i contemporanei, sa stupire e affascinare lo spettatore, tenendolo in tensione per settanta minuti, crea uno spettacolo con una serie di effetti scenici e figure simboliche che si susseguono, fino alla scatola magica finale. Il suo sguardo è sempre rivolto ad un dialogo diretto e immediato con il pubblico, intelligenza, sensibilità, riflessione critica, passione, sono caratteristiche della ricerca teatrale che conduce da anni. Si esce da teatro, discutendo, ponendosi, dubbi facendo domande, questa è la funzione del Teatro, quando svolge una ricerca sul piano esterno, quello del
palcoscenico e sul piano interno, quello della riflessione di chi assiste allo spettacolo. Una scena di ghiaccio, in alto incombe la falce e il martello, simbolo congelato e reso eterno, potrebbe essere il lago dei cigni ma non lo è, potrebbe essere il giardino dei ciliegi ma non lo è, potremmo essere in un’opera di Brecht ma non è così, siamo in un mondo che si nasconde, come accade nei regimi totalitari, il potere assoluto finge di essere qualcosa ma in realtà nasconde l’orrore dietro la finzione. Padri, madri, figli e figlie oppressi consapevolmente o inconsapevolmente, figli di uno Stato che incombe sulle vite private, raccontano le loro vicende di orrore e oppressione. Come in una sorta di Alice delle meraviglie ognuno proverà a fuggire dal Bianconiglio e dal suo finto tempo. E insieme a loro, anche noi. Quale tempo di seconda mano ci opprime? Quale finzione ci soffoca? Ognuno di noi se trova la forza dentro, può provare a riconoscerla e lottare. Ecco il senso profondo del teatro politico di Carlo Cerciello, ben sostenuto, in questa prova, dall’aiuto regia Aniello Mallardo. Un testo corale e un lavoro corale, in cui costumi, musiche, scene e luci contribuiscono a creare un clima di criticità e stupore. Le scene di ghiaccio di Roberto Crea, dialogano con i bianchi costumi sognanti di Daniela Ciancio. I frammenti musicali isolati e ripescati dal ghiaccio e rielaborati da Paolo Coletta, creano una drammaturgia musicale di grande personalità e forza espressiva. Stravinskij, Musorgskij, Tchaikovsky, emergono dalla storia, passeggiano, scivolano sul ghiaccio, cadono si rialzano, perché la musica classica non muore mai, vive oltre noi. Molto evocativo il frammento musicale tratto da la Promenade di Musorgskij contenuto nei “Quadri di un’esposizione”. Altro personaggio in scena lo si può ammirare nelle luci parlanti di Pasquale Mari che sottolineano passaggi di storie, di emozioni, rappresentano il tempo che vorremmo, un tempo di vita reale senza maschere, senza finzioni. Gli attori Roberto Abbati, Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Mariachiara Falcone, Massimiliano Sbarsi, Serena Mazzei, Bruna Rossi, Imma Villa, Pavel Zelinskiy e la piccola Bianca Maria Cavalca, bravissimi e affiatati, con forza espressiva nella voce, nei movimenti, diventano parte integrante della scena, figure che tentano di fuggire da un tempo congelato, si animano, poi vengono riassorbite dal ghiaccio. Un grande lavoro corale. Una polifonica fine delle illusioni. L’adattamento dal libro è stato curato da Florian Borchmeyer, dramaturg della Schaubühne di Berlino, ma la messa in scena ha richiesto ulteriori sforzi e molte riflessioni per rendere quanto più è possibile “parlante” la parola scritta dell’autrice. “Sotto il ghiaccio è ibernata la storia di un popolo. Il tempo stesso, che è un tempo fermo, un tempo usato, logoro, di seconda mano, senza vere prospettive future, è un tempo congelato. Come dice Alexander Grin, prima della rivoluzione del 1917 avevamo un futuro, sono passati cento anni e questo futuro ancora non è arrivato. Esistenze spiazzate rispetto alla storia”. E noi in quale spiazzamento viviamo? Come possiamo lottare contro chi ruba il futuro? La risposta è una sola: “Non conformatevi”.
Parma, Teatro Due, 25 Marzo 2023