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Arriva dalla Puglia questo spettacolo prodotto da TEATRO DEI LIMONI, compagnia foggiana che si presenta a Napoli attraverso Leonardo Lo Savio e Roberto Galano, entrambi interpreti di questa storia, ma rispettivamente anche autore e regista. L’inflessione pugliese affiora a tratti, ma sostiene l’intero racconto scenico che è costruito su quel filone narrativo-drammaturgico che caratterizza la drammaturgia meridionale contemporanea. Per questo motivo la nostra attenzione si è rivolta in particolare a LA STRADA, spettacolo in scena al Teatro TRAM di Napoli dal 3 al 5 marzo. Il teatro di parola, caratterizzato dai racconti che sembrano nascere tra le pagine di un libro e poi riportati sulla scena, è costantemente abbracciato dai drammaturghi e dagli attori meridionali e, anche in questo caso, la scrittura teatrale pugliese, come quella calabrese e siciliana, appare in scena come un lungo racconto inframezzato da monologhi, soliloqui, sequenze riflessive e dialogiche. Il titolo ci ricorda numerosi film “on the road” a cui si ispira questa introspezione e riflessione sull’umanità, affidata a due personaggi maschili di mezza età che si ritrovano a viaggiare insieme attraverso il famoso BLA BLA CAR. Due uomini con due visioni del futuro e della vita apparentemente differenti: l’uno più gioioso, a tratti superficiale, intento a tessere un rapporto di forzata confidenza e un dialogo aperto con l’ospite accolto

nella sua automobile, l’altro chiuso, burbero, ma profondamente attento a ciò che lo circonda e a chi gli sta davanti.
Il lungo viaggio, metaforico e non, ha come scopo il raggiungimento di un figlio. L’uomo burbero comincia a raccontare di sé, riportando sulla scena, ancora una volta, una famiglia con figli e l’assenza del padre. Le vicissitudini del nostro personaggio lo hanno portato a condurre una riflessione sulla sua esistenza, riflessione in cui si rivedono e si ritrovano anche gli spettatori. Apparentemente una storia maschile e rivolta agli uomini, al cui interno compaiono appena citate le figure femminili, ma nella realtà questa narrazione si orienta verso un discorso più ampio che abbraccia secoli di storia.
Il rapporto padre-figlio, ma anche tra l’uomo e i suoi simili, è qui collocato nella nostra contemporaneità e ciò che emerge prepotentemente è la solitudine delle figure poste sul palcoscenico, all’interno di un’automobile riprodotta in scena. Anche quando i due cercano di interagire e di comunicare, la solitudine sembra tagliare nettamente i confini delle vite dei due protagonisti, tanto da impedire che esse possano interferire le une con le altre.
Il viaggio e la necessità, attraverso un percorso svolto all’interno di un ambiente chiuso, l’automobile appunto, spingono i viaggiatori a confessarsi agli estranei; anche in questa storia la tendenza all’apertura e all’empatia, qualità che sembravano caratteristiche predominanti del personaggio più ridanciano e meno profondo, viene smentita dall’evolversi della storia.
La recitazione è costruita su un continuo alternarsi su tre piani: il soliloquio, che è inserito nel pensiero di ogni personaggio e che viene manifestato ed esternato sulla scena attraverso la recitazione, il dialogo e il piano narrativo che impegna i nostri attori attraverso una recitazione che sembra “leggere” le pagine di un racconto.
I dialoghi tra i due si orientano, inizialmente, verso una prospettiva di formalità artificiale che costringe i due a parlare del più e del meno. Successivamente il personaggio più chiuso e burbero sembra cominciare ad aprirsi e a chiedere più informazioni, rispondendo anche alle assidue domande, a volte banali, del suo compagno di viaggio.
L’intero spettacolo cresce di intensità e costringe lo spettatore ad un’alternanza di emozioni che vanno dalla curiosità, all’attenzione, alla risata, alla tenerezza, alla commozione.
La solitudine accompagna due uomini apparentemente diversi, ma soprattutto accompagna anche l’Uomo in un viaggio profondo. Emerge, inaspettatamente, un discorso ampio che ingloba anche il concetto di divinità fattasi uomo. Si scopre, dunque, una natura diversa nell’uomo più chiuso e burbero, in un primo momento scambiato per un omicida o un mafioso, poi dichiaratosi apertamente nella sua vera natura e nel suo vero ruolo.
L’uomo si interroga sulla sua origine e su chi è il Padre delle origini: potremo, dunque, generare padri che si occupano dei loro figli se invece il Padre per eccellenza ha permesso che suo Figlio morisse?
Interrogativo dolente che si fa strada attraverso l’ultima parte dello spettacolo, trasportando lo spettatore verso un’atmosfera completamente diversa. La narrazione scenica alterna momenti di “rallentamento” e di riflessione “cosmica”, a momenti più leggeri che smorzano violentemente l’indagine filosofica sull’uomo, sulla paternità, sulle famiglie smembrate, sull’umanità intera.
Lo spettacolo si conclude positivamente, ma il finale aperto prevede un’apparente amicizia tra i due: potrà mai un semplice uomo, superficiale a tratti, ma ottimista, continuare a dubitare di qualcosa di più grande di lui, pur essendone amico?
Il rapporto uomo-divinità sembra uno degli argomenti inimmaginabili all’inizio dello spettacolo e invece via via conduce per mano lo spettatore all’interno dei meandri di una riflessione antica.
L’intera operazione funziona, sebbene qualche angolo sia ancora da smussare e qualche passaggio necessita di una saldatura migliore all’intera struttura, ma l’abile recitazione degli attori, a tratti macchiettistica, da gag, di sapore antico, rende piacevole tutto il percorso, lasciando gli spettatori soddisfatti e sorpresi.

Foto Iolanda Albrizio

LA STRADA
Teatro TRAM Napoli
3-5 marzo 2023
di Leonardo Losavio
regia di Roberto Galano
con Leonardo Losavio e Roberto Galano produzione Teatro dei Limoni